Barzellette, affondi, gaffe, messaggi, consigli: per il premier novanta minuti da «one man show» davanti alla folla di supporter radunata al palasport «Carnera»
"Don Baget Bozzo ho ragione, vero? E per favore, preghi sempre per me"
"A Franz, candidato a sindaco di Udine, un ultimatum: tagliati la barba"
Dall'inviato
UDINE «Presidente, non ne possiamo più di essere amministrati dai rossi, vieni a trovarci e aiutaci tu». Pina Silvestri, consigliere comunale di Spoleto, si toglie i vestiti e indossa una bandiera di Forza Italia. Solo una bandiera.
Poi, incurante della spallina del reggiseno che sbuca più inelegante che birichina, si mette in posizione e aspetta. Silvio Berlusconi è in auto, sta lasciando il palasport di Udine, ma vede la signora seminuda che si sbraccia. E, bontà sua, si ferma. Non sbaglia perché la Pina, con quell'invito a liberare l'Umbria dai «comunisti», lo appaga e lo ripaga.
Gli amministratori e le amministratici di Forza Italia - arringati, divertiti, esortati in un one man show da un'ora e mezzo - hanno capito. Sì, mentre si gioca la partita cruciale del processo Sme e si avvicina il voto amministrativo, hanno compreso che devono essere «la barriera a una sinistra antidemocratica», «sbandata e in regressione infantile», piena di «odio», irresistibilmente attratta dai «dittatori», «pericolosa».
Ma il premier ce l'ha messa e ce la mette tutta, tra barzellette e battute, sciabolate e finte gaffe, perché la lezione venga recepita. E perché gli eletti, e più ancora gli elettori, sappiano qual è la posta in palio: «Adesso si va alle urne in Friuli Venezia Giulia e a Udine. Dobbiamo essere tutti uniti, tutti compatti, perché la differenza è tra noi e loro. E allora, come lo slogan che ho coniato per le amministrative, si deve votare contro questa sinistra pericolosa per l'Italia, per la democrazia e per la libertà».
I suoi ministri ripetono che il test elettorale non ha valenza politica, non può diventare cartina di tornasole sulla tenuta del governo, eppure il Cavaliere - sebbene abbia già messo le mani avanti e assicurato che non farà come Massimo D'Alema - alza i toni, radicalizza lo scontro, accentra su di sé e sulle sue persecuzioni l'attenzione.
Quando arriva al Palasport Carnera, a mezzogiorno scarso, dopo la cena veneziana e la notte mestrina, Berlusconi riceve un applauso lunghissimo. Ci sono un migliaio di azzurri, tanti «forestieri» e, tolti i candidati, pochi friulani. Ci sono naturalmente anche Alessandra Guerra e Daniele Franz, la candidata presidente della Lega e il candidato sindaco di An, cui il premier riserva «solo» due siparietti.
A lei, alla «cara Alessandra», si rivolge in apertura: «Spero tu abbia apprezzato i manifesti che ti ho fatto: "Una lady di ferro per il Friuli Venezia Giulia". Ma fammi sentire i muscoli!». Pausa, toccatina al braccio, conclusione festante: «Li ha, li ha... Non vorrei essere suo marito». A lui, all'aitante Daniele, riserva le battute finali: «Complimenti! Sei proprio un bel fieou, come diciamo a Milano, fatti vedere. Mi raccomando di puntare molto sulle elettrici». Ma il deputato di An non supera l'esame barba: «O te la lasci lunga o te la radi. Per me, stai meglio senza, ma oggi è domenica e ti permettiamo anche questo...».
Non concede altro, Berlusconi, ai candidati del Friuli Venezia Giulia. Ma punta piuttosto, con un comizio esuberante, a far capire che il Centrodestra deve impedire ai comunisti di «andare al potere». A Trieste, a Udine, a Roma. Dappertutto.
Sin dall'inizio - dopo l'inno intonato dal coro che i maligni vogliono in play back e che Silvio canta felice «perché, sarò sentimentale e romantico, ma il mio cuore palpita sempre» - il premier accusa la sinistra. E non smette più. Ma mescola battute e barzellette. Tutte o quasi funzionali a ironizzare sugli avversari: giornali, giudici, politici.
Le sue truppe, mentre lui si aggira in sala con il microfono, lo incitano: «Tieni duro». Lui è pronto e risponde: «Non abbiate paura. Eppoi, adesso ci sono anche le pillole!», scomodando il Viagra. Subito aggiunge: «Siamo sereni. Quelli sono allo sbando, al tappeto, alla disperazione». Poco dopo, negando che siano su misura, rilegge così la legge Cirami e quella sulle rogatorie: «È un diritto dei cittadini rivolgersi alla Cassazione se l'atmosfera non è favorevole, perché magari qualcuno ha fregato la fidanzata al presidente del tribunale. A noi succede, perché siamo tombeur de femmes. Mai di un amico, ma di un magistrato è cosa decente». Ancora, per spiegare come i giornali siano in mano agli avversari, parla dell'Inghilterra, dice che là «si mangia male», e poi parte in quarta: «Scriveranno "ecco una gaffe di Berlusconi, ha offeso Blair" e siccome io ho già lo stomaco rovinato per le volte che mangio a Bruxelles, allora, diranno che "Berlusconi è fuori di testa e si aliena il Belgio e la Gran Bretagna"».
Il capo di governo, naturalmente, si propone anche in versione cabarettista e rispolvera, per tenere alta l'attenzione, cinque barzellette del repertorio. Se non è un record, poco ci manca, ma Silvio non è ancora soddisfatto, non è appagato nemmeno da quella barzelletta sulla sua morte avvenuta solo perché «mi hanno abbattuto», e allora promette la pubblicazione di un libro acconcio su quelle che definisce «storielle di vita». Basta? Ma suvvia. In sala c'è un cartello che invoca «Via i Ds dalla Toscana» ed ecco che il premier sgrida i suoi: «Non si legge bene, anzi si legge Aids, e allora io non vengo in Toscana». In sala c'è anche don Gianni Baget Bozzo ed ecco che Berlusconi invoca il sacerdote: «Ho ragione, vero? Mi dà ancora la sua benedizione? E prega sempre per me?».
Sorridono, le truppe azzurre, e si sorbiscono volentieri persino il riassunto di tutto quello che il governo ha promesso, ha fatto e farà: il premier sventola il contratto degli italiani, «che tengo sulla porta del bagno», esibisce il documento con i 332 disegni di legge del governo, ringrazia l'«angelo» Gianni Letta. L'ora di pranzo è già abbondantemente superata e allora, dopo l'ultimo e apocalittico invito a far scudo contro la sinistra antidemocratica, Berlusconi chiude il microfono. Si concede il bagno di folla. I baci. Le foto ricordo.
Gli amministratori aspettano fuori, vogliono un ultimo «contatto» con Silvio, ma lui si infila in un autobus. Dov'è? Che fa? «Sta mangiando un po' di frutta» confida Giancarlo Galan. Fa caldo, tanto caldo, ma ecco il Cavaliere pronto all'ultimo saluto. La domanda su Roberto Antonione e Renzo Tondo, significativamente assenti, gli fa perdere il sorriso. Ma la signora Pina, spalleggiata dall'ingioiellata Ada Urbani, «consigliere regionale dell'Umbria», glielo fa subito tornare: «Verrà a trovarci. E ci aiuterà a battere quell'amministrazione insopportabile...».
Roberta Giani