Visita di Radicali e Libertà civica alla casa circondariale. Permangono lo sforamento degli ospiti e i pochi agenti
Quattro medici si alternano per l’assistenza
SALUTE
«La notizia è che non ci sono novità. Non è cambiato nulla». Con un ironico e amaro giro di parole il consigliere regionale dei Cittadini, Piero Colussi, sintetizza così la visita in carcere: «La minaccia di Bolzonello è rimasta sulla carta, non è nemmeno riuscita ad accelerare i tempi».
La visita ispettiva alla casa circondariale rientra nella seconda edizione di “Ferragosto in carcere” dei Radicali italiani ed è stata effettuata anche dal presidente regionale Stefano Santarossa, dalla consigliere comunale Raffaella Powell, dal consigliere provinciale Angelo Masotti e dal medico Salvatore Di Giacomo.
Permangono le carenze dello scorso anno: sovraffollamento (81 detenuti rispetto ai regolari 68, per la metà stranieri perlopiù rumeni), spazi insufficienti (tanto che il direttore ha chiesto di poter collocare un prefabbricato per depositarvi gli archivi, liberando così stanze e portando il rapporto superficie-detenuti da 3,5 metri quadri a 7 regolamentari), 46 agenti di polizia penitenziaria rispetto ai 59 in pianta organica. «Una palese violazione della legalità», denuncia Santarossa, mitigata dal fortunatamente «ottimo rapporto» tra detenuti e personale.
Impossibile attendersi novità dal piano carceri, sottolinea Colussi: «Il direttore ha confermato che non ci sono certezze sui tempi del finanziamento di quello nuovo». Neppure l’ordinanza di sgombero per motivi igienici paventata dal sindaco Sergio Bolzonello «è servita per accelerare i tempi». Sotto accusa il governo: «Il territorio aspetta una risposta, il sindaco rimetta sul tavolo della politica questo tema centrale». Manca persino la possibilità «di lavorare e di riabilitazione», aggiunge Powell, evidenziando che l’associazione Il Fiume ha donato alla struttura calcio balilla e giochi da tavolo.
Sotto il profilo sanitario, ha rimarcato Di Giacomo, «l’assistenza è abbastanza valida, si turnano quattro medici». Fortunatamente, ha concluso Masotti, «il carcere lo fanno le persone e la gestione a Pordenone è quasi familiare», tanto che negli ultimi tre anni non c’è stato alcun tentativo di suicidio.
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