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Altro che votare la manovra, Bersani e i suoi disertano. Tutti in pullman all’Aquila per il pellegrinaggio anti Cav

Testo: 

Chissà cosa avranno pensato quei pochi turisti che transitavano per piazza del Parlamento quando hanno visto uscire dal palazzo che ospita la Camera dei deputati un nutrito gruppo di persone salire ordinate e composte a bordo di quattro pullman. Erano da poco passate le 14 quando Pier Luigi Bersani e Dario Franceschini, quasi due professori in gita scolastica, contavano i deputati del Pd che in ordine disciplinato salivano sui bus turistici. Gongolavano, fieri della loro trovata strategica. Finalmente un’idea originale degna della migliore politica spettacolo. In aula si votava la fiducia alla manovra. Ma loro no. Loro non potevano fare semplicemente i deputati che votano contro. Dovevano uscirsene (in tutti i sensi) con una plateale azione di disturbo mediatico. Fortemente influenzata, peraltro, dal primo dei pellegrinaggi mediatici a L’Aquila, messo a segno un anno fa da Sabina Guzzanti per le riprese della sua docu-fiction Draquila.
Un centinaio di parlamentari del partito democratico ha quindi accettato l’invito del sindaco dell’Aquila di visitare il capoluogo abruzzese a quindici mesi dal sisma che ha cambiato per sempre il volto di una città e di una regione. Più che una visita, però, sembrava un pellegrinaggio. Nelle visite, infatti, si mantiene il cuore e la mente aperta ad ogni esperienza (positiva o meno). Nei pellegrinaggi, invece, si pensa soprattutto al proprio tornaconto e al gesto magnanimo di una Provvidenza riconoscente.
E così veniamo a scoprire che la prima regola nei pellegrinaggi politici è: mantenere le gerarchie. Prima i capi poi la truppa. I vertici del Pd si sono, infatti, sistemati nel pullman di testa. In modo da essere i primi a incrociare gli sguardi degli aquilani che li attendevano davanti al Duomo. Bersani, Rosy Bindi e Franceschini, per una volta nella loro vita, hanno vestito i panni degli avanguardisti. O almeno lo hanno pensato. E con tale «titolo» hanno accettato il benvenuto di Massimo Cialente che però ha ricordato loro di non essere dei veri «pionieri». I radicali, infatti, li hanno bruciati sul tempo di qualche ora. Segno che il fiuto per la politica-spettacolo non è poi così infallibile in casa democratica.
A quel punto Bersani e Franceschini hanno dovuto fare ricorso a numeri di repertorio per sostenere lo sguardo degli aquilani accorsi in piazza del Duomo. «Tutti i terremoti - tuona il segretario del Pd - hanno avuto una legge e non è accettabile che non sia così anche per l’Aquila. Io chiedo un impegno con chi ci sta in Parlamento per riprendere il filo di questa ricostruzione». Poi a Bersani sfugge un commento sulla manovra economica, che proprio non gli va giù. «Questa manovra la pagano tutti tranne chi ha i soldi. È una delle più ingiuste che io ricordi ed è ingiusta anche nelle misure adottate per la ricostruzione dell’Aquila». Con un monito dei più feroci: «Il terremoto in Abruzzo non sia di serie B!»
Con meno clamore e più tatto, con minore uso della retorica e maggiore attenzione sul da farsi, i radicali, guidati dall’infaticabile Marco Pannella, hanno evitato le tribune e i palchi. In Comune hanno presentato più concretamente una bozza di disegno di legge per la ricostruzione. E prima di portarla in parlamento volevano saggiare l’opinione dei diretti interessati. Qui ci sono i progetti concreti, lì - in piazza - dominano solo e soltanto le parole del segretario democratico: «Noi non dobbiamo limitarci al colore, bisogna trovare le soluzioni non ci si può limitare a portare qui i riflettori». O i pullman turistici, pieni di parlamentari in pellegrinaggio. Il loro umore somiglia, però, a quella di una bocciofila in trasferta (il paragone è mutuato dalle parole dello stesso Bersani) che al volto segnato dalla compassione dei volontari dell’Unitalsi. Poi tutti a Roma per controllare lo spazio ottenuto sui media.

Data: 
Mercoledì, 28 July, 2010
Autore: 
Pier Francesco Borgia
Fonte: 
IL GIORNALE
Stampa e regime: 
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