Capezzone è stato radicale dopo che io, che ero stato tale dalla fondazione del partito, me ne ero andato (o ero stato mandato via o era stato il partito ad andarsene verso il dissolvimento transpartitico e transnazionale). Nel Partito Radicale ha conosciuto la Bonino. Qualche giorno fa su “Il Giornale” diretto da Vittorio Feltri leggo un pezzo dovuto all’ex fanciullo prodigio del P.R. dal titolo “Vi racconto la vera Emma e perché non dovete crederle”. Io non voterò per Emma Bonino. Non certo per inappagato rancore per quella oramai così lontana frattura. E non certo per quel che dice Capezzone. E non credo che Capezzone abbia sofferto perché la sua strada si è allontanata da quella di Emma Bonino e del Partito Radicale in cui egli aveva d’un balzo percorso una così brillante carriera. Poi Forza Italia e, d’un balzo, portavoce. Capezzone non voterà Bonino. E si capisce. E’ tuttora portavoce di Forza Italia, benché Forza Italia non esista più essendosi fusa nel Pdl (un po’ come la Bonino, leader (o quasi) del Partito Radicale, benché da vent’anni questo si sia dissolto nel “transnazionale” e nel “transpartitico”). Almeno così mi parve quando, in pratica, mi cacciarono. Ma, e non certo perché le mie vicende col Partito Radicale siano oramai “acqua passata sotto i ponti”, debbo dire che quel modo di dichiarare un voto contrario e di invitare gli altri al voto contro, quel modo di esprimersi, quel “vi dico io chi è…” (spero che almeno il titolo non si di Capezzone) non mi piace nemmeno un po’. Non c’è “rancore di ex” che possa giustificare l’andare subito all’attacco della persona, per spiegare un’opposta scelta, per disapprovare un passo che per tanti versi è emblematico, allo stesso tempo, di una battaglia perduta (e voluta perdere) e di una prolungata dissimulazione della fine di un sodalizio che meritava una sorte migliore. Io credo che non vi sia alcun bisogno che qualcuno ci spieghi e ci racconti “la vera Emma” per renderci conto che quella candidatura con il partito “cattocomunista” (linguaggio, lo so, d’altri tempi, ma trovatemene un altro più puntuale!) con l’apporto dei giustizialisti forcaioli Dipietristi non ha nulla a che vedere con il liberalismo, il laicismo, le battaglie civili e liberatorie che essa dovrebbe evocare con la sua persona.
Non c’è nulla di segreto. Nulla da scoprire. Nulla, direi, di personale. Non c’è da allegare a sospetto la sua affidabilità, la sua capacità di tener fede a determinate posizioni politiche. Dirsi in condizione di raccontarci Emma è, da parte di Capezzone, al contempo una millanteria (quale Emma ha conosciuto?) ed una cattiveria, una malignità alla Marco Travaglio, espressione di una tendenza alla demonizzazione che, oltretutto, sembra troppo frettolosamente acquisita e coltivata. E, poi, ad andare a vedere quel che il giovane rampante ha da raccontarci, scopriamo che si tratta di vicende, di contrasti e di contraddizioni tutt’altro che epocali per l’esponente di un partito che va e viene dall’universo e che supera, per poi ritrovarle, differenze e steccati con altri partiti. Cosa che Capezzone non solo consoce, ma che ha condiviso. Tutto sommato, tenendo conto da quale pulpito viene la predica sulla coerenza e l’affidabilità, il portavoce dell’ex Forza Italia, non convince nessuno, come tutti quelli che promettono “rivelazioni” e che fanno politica promettendole. Si direbbe, anzi, che voglia rendere un ultimo servizio ad Emma Bonino. Certo a qualcuno può render più difficile esprimere giudizi più seri. Una volta, quando conoscevo Capezzone ancor meno di oggi, cioè per niente, non so chi e non so in quale occasione gli domandò che cosa io facessi. Rispose: “…Mellini?... fa l’avvocato ed ogni tanto dice male di Pannella”. Grato per avere informato il suo interlocutore che io faccio (ancora per un po’) come sempre ho fatto, l’avvocato. Ma perché doveva inventarsi che ogni tanto “dico male” di Pannella? E’ chiaro. Ne sarà convinto. Per Capezzone, dir male di qualcuno è un modo semplice e spiccio di stare dall’altra parte. E, come diceva G. G. Belli “fà fà sempre un passo avanti”. Attribuiva anche a me quella propensione. Ed al contempo, riteneva che dicendo così di uno, per lui sconosciuto, che non doveva essere nelle buone grazie di Emma e di Marco, avrebbe, magari, fatto fare a lui un sia pur piccolo passo avanti.