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LO "SCANDALO RADICALE" E LA MIOPIA DELLA NOMENKLATURA CATTOCOMUNISTA

Testo: 

Sembra proprio che quello che Pierpaolo Pasolini definì "lo scandalo radicale" non riesca ad essere sopportato e digerito dal Partito Democratico.
Mi riferisco all'intervento che Pier Paolo Pasolini avrebbe dovuto tenere al Congresso del Partito radicale del novembre 1975. L'intervento poté essere solo letto, davanti ad una platea sconvolta e muta, perché due giorni prima Pasolini moriva ucciso.

Da "marxista che vota per il Partito Comunista Italiano" Pasolini riconobbe ai radicali di essere "riusciti a trovare forme alterne e subalterne di cultura dappertutto: al centro della città, e negli angoli più lontani, più morti, più infrequentabili." Senza aver "avuto paura né di meretrici né di pubblicani, e neanche - ed è tutto dire - di fascisti."

Dopo tutti questi anni nulla sembra esser cambiato, e se il buon giorno si vede dal mattino, il nascente Pd sarà un baluardo inespugnabile per salvaguardare la nomenclatura oggi al potere da ogni possibile turbamento.

Così si può spiegare il rifiuto da parte delle oligarchie di partito, dei garanti e probiviri, che hanno deciso di non confrontarsi con la storia dei radicali rifiutando di darmi la tessera in vista della corsa per le elezioni primarie per la carica di segretario e allo stesso modo non consentirono a Pannella la candidatura nelle liste del PD alle elezioni politiche.

Il termine democratico dato a questo partito nulla ha a che spartire con la tradizione liberale dei radicali, per certi versi inaccettabile per i dirigenti della burocrazia dei partiti.

Beninteso altro discorso sono i voti dei radicali, accettabilissimi per vincere le elezioni contro la destra.

E dopo i primi slanci iniziali si sta appannando la figura di Debora Serracchiani, immersa tra i veti incrociati di una politica melmosa - al centro come a sinistra - che continua a bloccare ogni slancio riformatore.

Che poche persone componenti l'Ufficio di Presidenza del Partito Democratico possano decidere sulla ammissibilità dei candidati, appellandosi al “regolamento” e allo “spirito costituente del Pd”, è un'ulteriore conferma della volontà di blindare il partito, proteggendo i pavidi segretari dei Ds e della Margherita.

Ma tornando a Pasolini ancora oggi vale l'accusa rivolta alla "massa degli intellettuali" che mutuando da noi radicali "la lotta per i diritti civili rendendola così nel proprio codice progressista" (...) "altro non fa che il gioco del potere".
"Contro tutto questo" noi radicali non dovremo "far altro" (...)"che continuare semplicemente a essere" noi "stessi: il che significa essere continuamente irriconoscibili".
"Dimenticare subito i grandi successi: e continuare imperterriti, ostinati, eternamente contrari, a pretendere, a volere, a identificarci col diverso; a scandalizzare; a bestemmiare."

Autore: 
STEFANO SANTAROSSA
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