Sul Corriere della Sera di oggi - 26 giugno 2009 - è pubblicata un'intervista a Filippo Penati, candidato alle ultime elezioni per la Provincia di Milano. Commentando la sconfitta, Penati sostiene la tesi dell’incapacità della sinistra di intercettare i bisogni e le domande della popolazione. Non è la prima volta che, nel dibattito sulla crisi della sinistra, leggo dichiarazioni del tipo "in tutti questi anni non siamo riusciti a costruire un'alternativa credibile", o ancora, "siamo fuori da tutto e siamo illusi se pensiamo che Berlusconi sia in fase di declino".
E’ un dato che le risposte del centro-destra sono quelle più vicine ai bisogni dell'opinione pubblica. Ma certo è anche che quelle risposte coincidono con le domande. L’affermazione non è banale; si provi per un attimo a riflettere su dove l’opinione pubblica viene formata. Di primo acchito verrebbe da rispondere “l’opinione pubblica è la somma delle opinioni di ognuno”. Sebbene questa affermazione abbia una sua fondatezza, occorre tuttavia rilevare che il grosso dell’opinione pubblica viene prodotta ad un livello più alto: i media.
Il Tg1 delle 20:00 ha un audience medio di 15 milioni di italiani. E’ il telegiornale più ascoltato, il più autorevole. Almeno 10 milioni di italiani si informano esclusivamente attraverso la TV; questo vuol dire che la realtà, il Mondo e tutto ciò che succede coincide con quello rappresentato nelle TV. La cifra temo sia anche superiore, se contiamo che La Repubblica e il Corriere della Sera hanno una tiratura attorno alle 600.000 copie giornaliere, La Stampa attorno alle 450.000. Fra i quotidiani di massa sono quelli considerati i più autorevoli, quelli per cui l’informazione libera è condizione imprescindibile. Su una popolazione che sfiora i 60milioni di cui poco meno di 50 milioni sono gli aventi diritto di voto, le quote sono molto rilevanti. Quasi il 50% della popolazione si informa attraverso i canali TV e pochi altri giornali, il più delle volte locali e poco approfonditi.
L’ultimo rapporto FreedomHouse sulla libertà di stampa posiziona l’Italia al 73esimo posto, posizione condivisa con Tonga che si è vista aggiudicare anche lei 32 punti. La classifica è consultabile a questo indirizzo: http://www.freedomhouse.org/uploads/fop/2009/FreedomofthePress2009_tables.pdf. Nel 2008 eravamo al 65simo posto con 29 punti. Dall’anno scorso abbiamo fatto un passo indietro, da Paese libero a parzialmente libero assieme a Israele ed Hong Kong. Per farsi un’idea globale della situazione, invito a consultare la mappa dei regimi: http://www.freedomhouse.org/uploads/fop/2009/FreedomofthePress2009_MOPF.pdf
Sopra i 30 punti, il Paese passa dalla categoria “Free” a Paese “Partly free” (trad., “parzialmente libero”). Senza entrare nel merito dell’indice, la sua attendibilità è garantita da una analisi a tre dimensioni: variabili legali e normative, variabili politiche ed economiche. Per chi interessato la metodologia è qui illustrata: http://www.freedomhouse.org/uploads/fop/2009/FreedomofthePress2009_Methodology.pdf
Secondo il rapporto FreedomHouse:
Italy slipped back into the Partly Free range thanks to the increased use of courts and libel laws to limit free speech, heightened physical and extralegal intimidation by both organized crime and far-right groups, and concerns over media ownership and influence.
The return of media magnate Silvio Berlusconi to the premiership reawakened fears about the
concentration of state-owned and private outlets under a single leader.
Secondo il noto istituto di ricerca la valutazione negativa è dipesa da tre fattori. In primo luogo il largo uso della magistratura e delle leggi contro la diffamazione per scoraggiare il “libero pensiero”. In secondo luogo, sottolinea l’intensificarsi delle intimidazioni da parte del crimine organizzato e dei gruppi di estrema destra. In terzo luogo constata come un Primo ministro capace di influenzare direttamente le tre reti di Stato e di fatto controllore di altre tre reti televisive - tra le più viste da quindici anni a sta parte, NdR - sia uno scoglio molto forte, se si aggiunge il controllo di Publitalia e di una grossa fetta dell’editoria.
Le reti televisive di Silvio Berlusconi hanno visto cambiare l’Italia, il sottoscritto e tanti altri suoi coetanei sono cresciuti con i suoi programmi. Ma non solo miei coetanei, da lunghi anni i suoi programmi e telegiornali sono entrati nelle case di milioni di italiani. Spesso sono stati e sono ospiti fissi ed esclusivi.
Come si può pensare che in quindici anni non sia stato ricreato e ri-definito il nostro modo di vivere, i valori, le nostre aspettative e le speranze. Difficilmente ce ne possiamo accorgere, è assai arduo toccare con mano i nostri cambiamenti, tanto meno capire da dove essi hanno tratto ispirazione. Ma credersi immuni da condizionamenti, anche profondi, è forse sintomo evidente di condizionamento :) Il concetto credo sia chiaro e ritengo utile procedere oltre. Mi permetto un excursus rapido, ma utile alla trattazione. E’ corredato da uno schema illustrativo.
Un sistema politico è composto da una società civile, un sistema partitico che media le preferenze della società civile (veicola le domande e la partecipazione) e un'arena politico-istituzionale che decide (il sistema politico in senso stretto). Sulla base delle decisioni, la società civile elabora nuovi inputs (domande e partecipazione) e, nel caso caso in cui non abbia trovato la dovuta soddisfazione dall'output, sanziona i suoi rappresentanti non votandoli più. Il circuito esposto funziona solo se una condizione è soddisfatta: il feedback (la freccina che nell’illustrazione va da Outputs ad Inputs). Affinché un sistema si mantenga sano i cittadini devono essere posti nelle condizioni di valutare compiutamente:
Non voglio annoiare più del dovuto, indi per cui arrivo al dunque. Come fa una forza politica a trovare sufficiente spazio, a poter beneficiare di una rappresentazione delle sue proposte e dei suoi risultati (sia negativi sia positivi) corretta ed imparziale. Come fare ad intercettare bisogni spesso fittizi e generati da televisioni che oltre a stimolarli forniscono pure le risposte?
Dobbiamo prendere atto che viviamo in un regime in cui
- la libertà di stampa ha capacità ridotta
- la diffusione dei mezzi d'informazione è limitata a pochi network, per la maggior parte controllati.
La dimostrazione pratica la si ha avuta in questi giorni: è stato evidente come le televisioni e molti giornali abbiano censurato i fatti riguardanti le abitudini del nostro primo ministro. Il potenziale della censura si è manifestato come mai prima d’ora. La sua portata è stata evidente solo a quei pochi osservatori critici che fanno uso di fonti d’informazioni alternative ai network da egli controllati.
E i nuovi dispositivi di legge chiudono ancora di più le maglie.... il gioco autoritario inizia a rendersi manifesto.
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