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«I visitors devono andarsene». E Saro lo incita allo strappo

Testo: 

Rimpatriata a Martignacco tra forzisti, socialisti e radicali

UDINE - Ferruccio Saro ci prova. Ammicca. Invita Renzo Tondo, «la vera vittima, assieme a Cecotti, che però ha già preso le sue decisioni, a dare risposte chiare. Perché è lui, ora, l'ago della bilancia». Vorrebbe lo strappo, Saro. Ma Tondo, che denuncia scherzosamente il «trappolone» dell'amico, non è pronto. Non ancora. Anche se dice forte: «Non mi piegherò». Anche se si dice pronto ad andarsene non appena il partito decida l'espulsione di Saro: «Stiano attenti a quello che fanno - attacca il presidente della Regione -, accettino la dialettica, resteremo in Fi se ci saranno le condizioni per farlo».
Tondo ha appena scritto la lettera a Berlusconi («Mostra sempre cortesia nei miei confronti, ma adesso che me ne faccio?») e ne attende gli esiti. Tra i due fuochi di chi lo vorrebbe appiattito sulle imposizioni del nazionale e di chi, invece, si attende da lui il segnale della rivolta, sceglie comunque di far prevalere «la dignità, la serietà e la responsabilità». E se ne sta in attesa. Senza comunque adeguarsi. Così, assieme a Saro, che parla di «48 ore di tempo», chiede ai capi di allontanare i «visitors» commissari: Roberto Rosso, «il piemontese», Paolo Russo, «il napoletano».
Al ristorante «Al Podere» di Martignacco, in una sala che si riempie proprio al momento del suo discorso (ci sono, tra i politici, i forzisti udinesi Fausto Deganutti e Roberto Bardini, Diego Volpe Pasini di Sos Italia, dopo un po'arrivano anche Giorgio Pozzo del Partito Regionale, Gabriele Renzulli del Terzo Polo, Gianfranco Leonarduzzi dei Radicali), Tondo ricorda «le giornate difficili» in cui doveva decidere se ritirare o meno le dimissioni («Ho fatto bene, altrimenti i "visitors" si sarebbero appropriati anche della giunta»), confronta il suo approccio alla politica «fatto di passione» rispetto a quello di Illy e della Guerra, «puro spot televisivo», ma soprattutto avverte i «ciechi» di Roma: «La Cdl sta ballando sul Titanic che affonda, come si fa a candidare un "estremo" della coalizione? Non vedete le difficoltà della Guerra a presentarsi come leghista, non vedete che non si mette neppure più il fazzoletto verde al collo?».
Il Carroccio entra nel mirino: «Mentre noi facciamo una legge per l'innovazione che ci chiede tutta Italia, il capogruppo della Lega Violino deposita una proposta per istituire il 3 aprile la festa del Friuli e per regalare delle bandiere friulane alle scuole».
Quindi un invito chiaro ai «visitors» a starsene alla larga: «Bossi non osi più toccare la cultura socialista. Quanto a Scajola e Brancher, anziché venire qui, pensino a non far mancare i voti in Parlamento sulla legge Gasparri». La conclusione è un auspicio: «Oso sperare che prevalga la ragione. Sono ancora disposto ad accettare la scelta della Guerra, ma i commissari tornino a casa loro».
In precedenza Saro aveva spiegato agli amici i motivi della sua opposizione ai valori «catto-leghisti», chiedendo ancora una volta «un atto di coraggio, una retromarcia». In caso contrario «vietato chinare la testa di fronte ai ricatti. Da parte mia, nei prossimi giorni, penserò a ciò che sarà più utile fare per il recupero di un sistema democratico».
A margine, la serata udinese regala la notizia del segretario comunale Fausto Deganutti («Sono disponibile») possibile candidato sindaco di Fi. A far discutere, su questo fronte, è soprattutto la chiara indicazione di Bossi per la corsa solitaria alle amministrative. «Una scelta che non condividiamo e di cui la Lega si prende tutte le responsabilità», commenta da Trieste Edoardo Sasco, presidente regionale dell'Udc. Tondo e Saro sottoscrivono. Con qualche asprezza in più.
Marco Ballico

Data: 
Sabato, 5 April, 2003
Autore: 
Fonte: 
IL PICCOLO - Regione
Stampa e regime: 
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