GIUSTIZIA - L'INCUBO FORZISTA
Le persone vicine al premier lo descrivono "pieno d'amarezza" per la questione intercettazioni
I suoi: «Le dimissioni sono impossibili, qualunque cosa ci sia in quelle telefonate»
ROMA
Qualunque cosa possa uscire da quelle intercettazioni, compresa la più grottesca e impudica, è certo che Berlusconi non andrà a nascondersi per l’imbarazzo. Anzi: quanto più l’intrusione nella sua privacy dovesse far ridere il mondo, tanto più il premier si sentirebbe martire della libertà, crocifisso perché incarna quella di tutti, che perlomeno al telefono devono potersi esprimere come latin lover. E tirerebbe avanti, garantiscono i suoi, con ancora maggiore energia.
Dimissioni, dunque, è parola impronunciabile nel giro del Cavaliere. Le voci di rivelazioni osé in arrivo, su cui si scambiano pareri perfino i leader d’opposizione, non avranno l’effetto di far cadere il governo. Al massimo, complicheranno l’intimità del premier, descritto da chi lo assiste come «pieno di amarezza». Eppure, se i boatos di Palazzo dovessero mai trovare conferma, una questione di alta politica si aprirebbe comunque. Riguarderebbe il metro con cui giudicare un capo del governo trascinato, per la prima volta da noi, in quello che nei popoli puritani si definirebbe «scandalo sessuale».
Scandalo pure per un’Italia che puritana non è? C’è chi nemmeno vuol prendere il caso in esame. Daniele Capezzone, già segretario radicale ora portavoce di Forza Italia, rifiuta di tradurre in politica «questioni che attengano alla vita privata di chicchessia». Laddove Emma Bonino, radicale tuttora, non è così certa che tra pubblico e privato possa ergersi un muro impenetrabile. Dipende, spiega, «se le attività private di un leader hanno o meno conseguenze di governance pubblica». Se si traducono «in business aziendale o in nomine di ministri». E mentre Capezzone si dichiara «terrorizzato» dall’idea che i magistrati possano entrare e uscire dalla vita di un personaggio anche pubblico, Bonino ricorda che «a maggiori onori corrispondono maggiori oneri».
Berlusconi, al tempo delle telefonate intercettate con Saccà, guidava l’opposizione, non il governo. «Cambia poco», scuote la testa un antipatizzante del Cavaliere come Bruno Tabacci: «Le azioni private hanno lo stesso un rilievo pubblico. E, comunque, non deve mai mancare un po’ di prudenza. Nella Prima repubblica i politici non erano immuni dai vizi, ma venivano perlomeno amministrati con molta misura...». Nel caso di Berlusconi, invece? «E’ l’esibizionismo che offende, le pubbliche battute nei comizi, le ragazze sulle ginocchia... Logico prevedere come sarebbe finita».
Obietta Vizzini, «laico» di Forza Italia: «Berlusconi non ha mai scritto nel suo programma che si sarebbe fatto frate francescano. Gli italiani lo giudicheranno per come saprà o non saprà risolvere i loro problemi quotidiani, altro che origliare le sue telefonate!». Gianfranco Rotondi, ministro democristianissimo per l’Attuazione del programma, arriva addirittura a ipotizzare per il premier un boom di popolarità: «Lui parla al telefono come l’italiano medio. La gente sincera e onesta scherza come lui, fa battute galanti e talvolta dice qualche porcheria. La cultura azionista di certi giornali non ha capito questo Paese. Cercano di accendere i riflettori su quelle che considerano le miserie di Berlusconi, e invece agli occhi degli elettori diventano le sue grandezze...».
Vuoi vedere che stasera a Matrix il Cavaliere farà appello proprio a questo «idem sentire»? Marco Follini, esponente Pd, non per nulla è cauto: «Penso che faremo bene a girare al largo da questo argomento. La virtù dell’opposizione non consiste, almeno io credo, nel denunciare i vizi degli intercettati, sbirciandoli dal buco della serratura».