«Chiedo scusa ai zingari e agli immigrati che verranno cacciati dagli italiani e lo faccia perché sono un italiano». Parole forti quelle del cappellano della casa circondariale di Pordenone, don Piergiorgio Rigolo, in relazione ai provvedimenti recenti sulla sicurezza. Parole che testimoniano una linea di fondo: il carcere non può essere considerato una “discarica” umana, ma il passo per formare dei cittadini onesti. A don Rigolo il termine recupero non piace e per questo ha ricordato, in occasione del convegno di ieri, le iniziative che vengono promosse: incontri di gruppo per i sex offenders (i detenuti in città per reati sessuali); interventi sugli alcolisti; l’iniziativa “adottare un detenuto” rivolta anche alle famiglie.
Forte la testimonianza pure di Alessandro Castellari, vice presidente della Cooperativa sociale Oasi di Pordenone, per il quale «l’indulto è stato un errore, nel senso che sono stati scarcerati ad agosto migliaia di detenuti senza preoccuparsi di cosa avrebbero fatto». Per Castellari si tratta di un problema di fondo del sistema italiano che premia la buona condotta, ma ignora un percorso di accompagnamento al di fuori delle mura carcerarie, come viene fatto, non senza difficoltà, all’Oasi.
Da trent’anni la San Vincenzo de Paoli, rappresentata nell’occasione da Giuseppe Laquatra, opera in carcere con tre volontari, anche se gli spazi per le attività, ha detto, sono fisicamente limitati. Tra i progetti il reinserimento lavorativo attraverso i corsi progettati con l’Enaip e la Coop Oasi.
Ma, è stato sottolineato nel corso del convegno, ci dovrebbe essere una disponibilità maggiore da parte delle associazioni di categoria affinché vengano moltiplicate le occasioni di inserimento nel mondo del lavoro.