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«Scontare la pena in cella non serve. Vanno preferite misure alternative»

Testo: 

Mosconi e Ciardiello chiedono una svolta. Il problema pedofili

Non è questione solo di problemi strutturali – l’84 per cento delle celle in Italia non è a norma – ma anche di metodo: il carcere, come luogo di pena, è ancora utile per tutte le tipologie di detenuti? E’ l’altro punto di vista – rispetto alla vulgata corrente che reclama pene e carcerazioni certe – espresso in occasione del convegno promosso dal Lions club Pordenone Naonis da Patrizia Ciardiello, direttore dell’Ufficio garante dei diritti delle persone limitate nella libertà della Provincia di Milano, e dal professor Giuseppe Mosconi, ordinario di Sociologia giuridica all’Università di Padova. Considerazioni che partono da alcuni dati: «Il 70 per cento delle persone che completano il percorso di pena senza benefici – ha affermato Mosconi – tornano a delinquere, mentre solo il 20 per cento di coloro che hanno visto applicate pene alternative alla detenzione incappano nella recidiva».
Da qui la necessità, secondo i relatori, di limitare dal punto di vista normativo e dell’applicazione pratica le misure detentive, a favore di progetti di reinserimento sociale. Una questione che coinvolge gli enti locali. «Il tema della sicurezza – ha detto Mosconi – viene affrontato dagli amministratori in maniera emergenziale facendo appello a misure straordinarie. Si appiattiscono, quindi, solo sul terreno della pura repressione, quando sarebbe invece opportuno insistere nel finanziamento delle iniziative alternative alla pena, cosa che invece non avviene da parte degli enti locali».
La testimonianza sul campo della situazione pordenonese è stata portata da Alberto Quagliotto, direttore della casa circondariale che oggi ospita una settantina di detenuti contro i 45 posti di capienza massima. «I problemi ci sono – ha detto – e riguardano l’inadeguatezza della struttura anche se alcune attività primarie vengono effettuate». Quagliotto ha fatto riferimento, nello specifico, all’attività di scolarizzazione primaria, che riguarda molti immigrati, ma pure al recupero degli alcolisti. Più complessa, in relazione a quanto affermato dai docenti universitari, per il direttore, l’applicazione di questi principi per i “sex offenders”, pedofili o autori di violenze sessuali, ospitati in una sezione protetta dagli altri detenuti del carcere, per i quali «la rieduzione si presenta molto complessa».
Resta in ogni caso, come ha sintetizzato Pierfrancesco Scatà, presidente del Lions club, il metodo diverso che è stato alla base delle relazioni presentate al convegno rispetto a una generale propensione a esaurire la questione sicurezza con la carcerazione. L’avvocato ha criticato l’indulto «che senza amnistia oggi porta a istruire migliaia di processi che andranno comunque prescritti sottraendo tempo e lavoro per altri casi».

Data: 
Sabato, 31 May, 2008
Autore: 
(ste.pol.)
Fonte: 
MESSAGGERO VENETO - Pordenone
Stampa e regime: 
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