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Adesso Roma e Friuli: l’onda lunga continua

Testo: 

Il Friuli Venezia Giulia muta colore. Perde l'ottimo Riccardo Illy. A Trieste il presidente è di centrodestra, Renzo Tondo. A Roma, Rutelli perde un mare di voti, sul 61,5% di Veltroni-2006. Caso, necessità? La seconda.

Ma anche su questa "necessità", bisogna in­tendersi. È semplicemente sbagliato, credere che quando il voto amministrativo viene espresso in contemporanea a un voto politico, il segno preva­lente di quest'ultimo, soprattutto quando si espri­me una tendenza tanto netta a favore di una parte sull'altra come in quest'occasione, prevalga ine­vitabilmente su qualunque considerazione di merito da parte dell'elettore, su quale sia il miglior presidente di Regione o su chi il miglior sindaco. Se tale tesi avesse fondamento, allora bisognerebbe semplicemente vietare ogni accorpamento elettorale tra turni politici e amministrativi. A costo di spendere purtroppo molti denari del contribuente in più, sarebbe sbagliato infatti falsare il voto locale con considerazioni di ordine naziona­le.

Fosse vera questa tesi, allora Illy a Trieste e Veltroni-Rutelli a Roma, il binomio che scambia il testimone in Campidoglio per l'eterno ritorno del sempre eguale, avrebbero poco di che rimprove­rarsi. Basterebbe loro dire che comunque hanno fatto miracoli, rispetto alla travolgente sconfitta politica registrata dal Pd negli stessi seggi lo stesso giorno, per Camera e Senato. Eppure, questa tesi non convince affatto. Tanti altri esiti amministra­tivi, nel Nord per esempio, testimoniano che non dovunque è scattato negli stessi termini la secca avanzata vittoriosa del Pdl e della Lega. Vale alla provincia di Varese come a quella di Udine, la strepitosa vittoria come alle politiche grazie all'in­contenibile slancio dei leghisti. Ma alla provincia di Asti come alle comunali di Vicenza e Treviso sono proprio le dinamiche locali, di sindaci uscenti con prove non entusiasmanti e alleanze locali non altrettanto coese, a determinare risultati lo­cali complessivamente sempre di vantaggio per il centrodestra, ma senza bissare il trionfo delle politiche. In altre parole, alle amministrative il fatto­re locale continua a contare. Eccome. E per fortuna.

Che cosa intendo dire allora, scrivendo che in coincidenza con un simile voto politico il risultato del Friuli e quello di Roma sono una necessità? Non che fossero semplicemente resi obbligati dalle spalle voltate da milioni di elettori all'ipotesi di governo Veltroni. No. Il punto è che i casi di Trieste e di Roma sono stati analizzati e giudicati dagli elettori con la giusta attenzione, alla luce dell'importanza che le due amministrazioni ave­vano e hanno in un contesto politico che è più ampio. E qui le responsabilità si divaricano. Per­ché a mio giudizio Illy ha da parte sua davvero poco di che rimproverarsi. Mentre Veltroni-Rutelli su Roma portano le responsabilità preminenti. Cerco di spiegarmi. I friulani negli ultimi anni so­no stati testimoni di un'esperienza coraggiosa, spesso al limite della rottura irreparabile tra il pre­sidente Illy e i condizionamenti vetero-apparatistici espressigli dagli stessi partiti che lo sostene­vano. In tutti i modi Illy ha detto e spesso operato concretamente, per far capire che il Nordest al quale voleva dar voce doveva seguire un modello completamente diverso da quello di riflesso con­dizionato romanocentrico tipico della vecchia si­nistra ideologica. Nei rapporti con i paesi confi­nanti come nella ricerca di una politica fiscale propria opposta alla massimizzazione delle addi­zionali locali tipica del centrosinistra, nelle sem­plificazioni attira-aziende come nelle tante inter­viste rilasciate criticando arti del governo Prodi, Illy ha rappresentato la punta più avanzata di quel­la linea fortemente autonomista alla riconquista del profondo Nord che però, alla prova dei fatti, la sinistra e il Pd stesso non hanno saputo, potuto o voluto seguire. La dimostrazione concreta di ciò è venuta all'atto fondativo stesso del Partito demo­cratico. Allora, in un momento che avrebbe potu­to rappresentare simbolicamente e icasticamen­te il cambio di marcia del Pd per tentare di riaprire il dialogo con un Nord spesso demonizzato come avido e secessionista, gli Illy come i Chiamparino non vennero affatto compresi con tutti gli onori che meritavano tra i fondatori iniziali del nuovo partito.

Gli elettori hanno visto, meditato e giudicato. La sconfitta di Illy in Friuli non è la negazione della sua natura di ottimo imprenditore-amministra­tore, irriducibile ai partiti. È la presa d'atto che una grande Regione del Nordest sarà ancor meglio av­vantaggiata se allineata alla scelta politica di tutto il Nord: che da una mazzata al Pd per rendergli chiaro che il federalismo è una soluzione invocata in concreto, non una chiacchiera per lusingare elettori e imprese, continuando a fare e decidere tutto da Roma. Quanto al Campidoglio, qui la chiave interpretativa è diversa. La statura di leader nazionali sia di Rutelli ex sindaco e ricandidato, sia di Veltroni uscente, rende più difficile scindere le loro responsabilità locali dal disastro nazionale che hanno combinato. Quanto a Roma città, poi, gli stessi elettori della sinistra lo ammettono. Vel­troni ha raggiunto il record dei consensi, nel 2006, record che oggi è un sogno per Rutelli. Ma, come sindaco, Rutelli è stato meglio. Solo che oggi i ro­mani giudicano l'uscente, Walter. Grande evoca­tore di emozioni, che spesso si rivelano amare il­lusioni, quando si tratta di asfaltare buche cittadi­ne e di lottare contro il degrado urbano.

Data: 
Mercoledì, 16 April, 2008
Autore: 
Oscar Giannino
Fonte: 
LIBERO
Stampa e regime: 
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