Paola Binetti si dice «perplessa, smarrita e preoccupata» e annuncia battaglia: «No a Veronesi ministro». Il Pdl e l’Udc le offrono di andare con loro
I cattolici del Pd a disagio dopo l’accordo con i radicali che vorrebbero in lista il dottor Viale
A far scoppiare i malumori non solo le posizioni di Veronesi a favore della fecondazione assistita e del testamento biologico, ma anche la possibilità che per i radicali sia candidato Silvio Viale, medico fra i primi ad avviare la sperimentazione della pillola abortiva Ru486, quella «del giorno dopo».
E comunque la Binetti già sbarra la strada all’ipotesi che Veronesi possa fare il ministro della Sanità: «E’ un’ipotesi che non prendo nemmeno in considerazione».
Nel varco aperto ci si tuffa Silvio Berlusconi. «Tutti i cattolici d’Italia che s’interessano di politica - ammonisce - devono aver ben chiaro che non bisogna lavorare per Veltroni».
Dal canto suo, Walter Veltroni ribadisce l’idea di un partito con diverse “anime”. «Bisogna fare una sintesi delle diverse culture: la politica è esattamente il luogo della mediazione e della sintesi». E a chi gli chiede come possano stare insieme la Bonino e la Binetti, replica che «i partiti moderni sono così».
Nel frattempo, però, alla Binetti piovono inviti a lasciare il Pd. Dal Pdl glielo chiede Maurizio Gasparri, mentre Lorenzo Cesa si dice pronto a candidarla nelle liste dell’Udc. All’interno del Pd anche cattolici meno intransigenti manifestano, invece, il loro disagio per l’accordo con i radicali. Per Pierluigi Castagnetti si tratta infatti di un accordo che «non è stato concordato e comporta molti rischi». Tanto che è Castagnetti a chiedersi se, qualora se ne fosse discusso prima, «sarebbe mai nato il Pd?».
Il 27 febbraio si incontreranno comunque i cattolici di «tutte le sensibilità» del Partito democratico. Non sarà la nascita del correntone cattolico, ma la prima richiesta sarà che i radicali, per esser candidati nelle liste del Pd, ne sottoscrivano il programma.
Un altro Teodem invitato da Cesa, Luigi Bobba, risponde «no grazie» all’Udc, ma aggiunge che è «semplicemente improponibile» la candidatura di Viale nel Pd. Perché chi si candida non può «violare deliberatamente la legge, come è nel caso del dottor Silvio Viale». Altrimenti, sostiene, il codice etico appena approvato dal Pd sarebbe «carta straccia». Una candidatura, quella di Viale, bocciata del resto anche da Davide Gariglio, esponente del Pd e presidente del Consiglio regionale del Piemonte, regione in cui dovrebbe essere candidato l’esponente radicale. La sua candidatura, sostiene infatti Gariglio, sarebbe «un messaggio profondamente diseducativo».
Da parte sua Viale, giunto ieri a Roma per partecipare al comitato nazionale dei radicali che decideva sull’intesa con il Partito democratico, ha cercato di smorzare i toni.
«Mi dispiacciono le parole di Gariglio, ma credo utile confrontarsi su temi concreti e non di finzione politica. Se poi - aggiunge - la mia candidatura dà fastidio in Piemonte, mi dicano loro in quale regione mi dovrò presentare».