Il Parlamento si divide sulla visita del leader spirituale. I commenti di Della Vedova e Luxuria
Il viaggio del Dalai Lama in Italia è ormai diventato un caso politico. A livello nazionale, la visita del leader spirituale tibetano divide non solo il Parlamento ma anche le giunte regionali e comunali che dovrebbero riceverlo. Sulla scena internazionale, il suo passaggio rischia di incrinare i rapporti dell'Italia con la Cina, che considera il Lama un pericoloso separatista e teme che il riconoscimento internazionale rafforzi le spinte secessionistiche del Tibet. E' curioso che a suscitare complicazioni ed imbarazzi non sia tanto la sostanza dell'evento - nessuno protesta per la visita di un premio Nobel per la Pace - quanto la forma, più o meno solenne ed ufficiale, che questo evento dovrà assumere. Capita così che il presidente della Regione Lombardia Formigoni acconsenta a ricevere il Lama ma non nel Pirellone. E che l'agenda del sindaco Moratti sia riempia di impegni proprio nei giorni in cui Tenzin Gyatso è in città. Motivo: Milano teme di perdere l'assegnazione dell'Expo, l'esposizione universale, del 2015 per il voto contrario della Cina. Torino mostra più carattere e conferisce al Lama la cittadinanza onoraria, anche se, sotto sotto, teme ritorsioni sugli imprenditori italiani che lavorano in Estremo Oriente.
A non avere paura della Cina è invece Benedetto Della Vedova, deputato di Forza Italia e membro del Partito radicale transnazionale, che ha promosso una raccolta firme, finora sottoscritta da 165 suoi colleghi, affinché il Lama sia possa parlare nell'Aula di Montecitorio. “Io e tutti i radicali - spiega della Vedova - ci siamo sempre occupati del Tibet. Inoltre credo che l'Italia abbia un debito nei confronti dei cinesi preoccupati per la loro libertà e che chiedono il diritto ad una società più libera e democratica. Il debito consiste nel fatto che la visita di Prodi in Cina dello scorso settembre si è risolta senza che il Premier intervenisse minimamente sul tema dei diritti umani e questo mentre altre democrazie, anche più legate economicamente alla Cina come Germania e Usa, hanno saputo sostenere la voce di pace del Dalai Lama”.
Il presidente della Camera Fausto Bertinotti non si è ancora espresso a favore o contro la richiesta di Della Vedova. Le adesioni al documento sono trasversali e arrivano da tutti i partiti politici esclusi i Comunisti italiani e Rifondazione comunista. La deputata di Rifondazione Comunista Vladimir Luxuria risponde così quando le chiediamo il motivo della loro assenza. “La nostra è una posizione coerente che riguarda il principio della laicità dello stato, di cui l'aula di Montecitorio dovrebbe essere il luogo garante. Nel 2002 abbiamo criticato anche la visita di Papa Giovanni al Parlamento - dice Luxuria -. Allora molti parlamentari di Rifondazione scelsero di non essere presenti perché crediamo che nell'Aula di Montecitorio non debbano intervenire rappresentanti di religioni, qualunque essere siano. Esistono tante sale a Montecitorio dove può parlare il Dalai Lama, reputo incoerente in base al principio della laicità dello stato riceverlo nell'Aula in cui votiamo le leggi”.
Tutto questo, assicura la deputata, non ha nulla a che vedere con la posizione dei comunisti sulla Cina “siamo molto critici nei confronti della Cina per quanto riguarda i diritti umani, il Tibet e la libertà di religione. Ma queste battaglie si possono fare a livello parlamentare”. Di diversa opinione è Della Vedova che annuncia una nuova mobilitazione per la prossima settimana: “molti deputati non hanno firmato per semplice distrazione. La prossima settimana cercheremo di raccogliere le firme di almeno la metà dei parlamentari”. Il Dalai Lama, sostiene della Vedova merita aiuto perché “ha impedito che la vicenda dell'occupazione cinese del Tibet sfociasse in una spirale di violenza e di terrorismo e si è battuto per un'idea di un'autonomia del Tibet e non per l'indipendenza”. Aspettando il verdetto della politica, auguriamo buon viaggio al Dalai Lama.Elisa Borghi