Loreto, la "gita" del Papa costa 6 milioni di euro allo Stato
Sulla piana di Montorso il giorno prima che arrivi Ratzinger per l'Agorà, un raduno di papa-boys che sarebbe piaciuto di più a Wojtyla, si abbatte una pioggia scrosciante di quelle che non lasciano scampo. In mezzo alla tendopoli dei volontari della Protezione civile la terra arida si macera improvvisamente in una melma che fa affondare i piedi.
«C'è qualcuno che vuole gettare fango sulla Chiesa», attacca intanto monsignor Giuseppe Betori al riparo delle spesse mura del santuario di Loreto. Il segretario della Cei, ovviamente, non se la sta prendendo con i capricci del cielo bensì con coloro che hanno osato denunciare all'Unione europea l'esenzione dall'Ici di cui godono certe proprietà ecclesiastiche. Betori rompe ogni cautela, va giù durissimo, più duro del suo presidente Bagnasco, con l'unica avvertenza di non tirare in ballo la commissaria europea Kroes, che pure non ha archiviato l'indagine. Il vescovo concentra gli attacchi contro i firmatari della denuncia. «Ci sentiamo in qualche modo aggrediti. C'è una strumentalità che ci lascia esterrefatti», afferma il prelato il quale subito ricambia con minacciosa malizia sostenendo che se anche una mensa Caritas fosse ritenuta colpevole di concorrenza sleale ai ristoranti poichè non paga l'Ici, allora «anche un centro sociale sarebbe concorrente sleale di una sala da biliardo o un circolo Arci lo sarebbe di una scuola di danza». Sono esempi non certo scelti a caso perché - spiega ai giornalisti - «anche la sinistra si fa del male quando ostacola i soggetti che aiutano lo stato sociale».
Betori è arrivato a Loreto pronto a provocare il titolo dei giornali con la sua replica sull'Ici: tutto nascerebbe dalla diversa interpretazione di una legge del governo Amato, la faccenda non riguarda solo la chiesa cattolica ma ogni organizzazione no profit e il solo fatto di rilasciare ricevute o pagare stipendi non configura di per sé un'attività di profitto. Ma qui a Loreto, ad attendere Betori in compagnia di Guido Bertolaso, c'è un'altra illuminante vicenda di finanziamenti pubblici a sostegno di iniziative esclusive della Chiesa.
Su questa "Agorà" di giovani cattolici, con obiettivo trecentomila partecipanti, vigilano infatti molti angeli custodi: l'intero dipartimento della Protezione civile marchigiana con 1500 volontari, sessanta uomini del Dipartimento nazionale guidati da Bertolaso che tra un incendio e l'altro ha trovato il tempo per questo "grande evento". Il governo ha stanziato due milioni e mezzo di euro, la Regione altri due milioni e seicentomila per adeguare le strutture della Protezione civile regionale, oltre a 400 per le spese correnti e 200 per il volontariato. Senza contare le spese per alloggiare le forze dell'ordine e molti altri contributi indiretti, fanno quasi sei milioni di euro.
Sulla piazza del santuario si comincia a cantare e pregare. Bertolaso si dice emozionato ma è preoccupato di non apparire troppo distratto dalle cose sacre mentre mezza Italia brucia e l'altra mezza si allaga. Ripete più volte che il suo Dipartimento resta impegnato su tutti i fronti. Per lui il vescovo di Loreto, Danzi, ha solo elogi, lo fa quasi santo. Una lode così esagerata da fargli più danno d'una penitenza. Di prima mattina Bertolaso ha dovuto correre ad Ascoli assediata da un vasto incendio che non voleva spegnersi. Anche il capodipartimento per le Marche Roberto Oreficini ha fatto la spola notturna tra quelle fiamme e il "grande evento" cattolico. Dal 2001 la Protezione civile è tenuta ad occuparsi di manifestazioni particolari che il governo decreta come evento straordinario. Per il Giubileo del 2000 a Roma fu necessaria una legge. Berlusconi decise di rendere permanente questa misura e la Chiesa non ha davvero perso il treno. Tra i "grandi eventi" allestiti sotto l'egida della Protezione civile Bertolaso ricorda il summit Nato a Pratica di mare, la firma del Trattato europeo, le Olimpiadi invernali, la Coppa America a Trapani, i prossimi campionati di nuoto, ma poi prosegue con l'elenco delle adunate sacre: celebrazioni per Padre Pio e Madre Teresa, congresso eucaristico a Bari, visita di Giovanni Paolo II qui a Loreto oltre ai suoi funerali in San Pietro.
Il presidente della Regione Marche Gian Mario Spacca spiega che l'occasione è stata buona per acquistare «beni durevoli», in particolare l'ospedale da campo che era stato donato al Pakistan, mentre Bertolaso osserva che gli avvenimenti religiosi in fondo servono per allenarsi e sperimentare nuovi coordinamenti. Stavolta le telecamere di controllo collocate nella piana di Montorso per l'happening di veglia col Papa e lo spettacolo con Dalla Baglioni e Bocelli, allerteranno contemporaneamente la Protezione civile nazionale e la Gendarmeria vaticana, mentre i volontari saranno seguiti nei loro spostamenti mediante un tesserino elettronico. Sul crinale della collina svettano i ripetitori telefonici, la Rai è pronta per la diretta tv. I giovani cattolici impegnati nei servizi dell'Agorà vestono una maglietta gialla col tricolore della Protezione civile, arruolati in un meeting un po' di Stato e un po' di Chiesa, certo molto costoso. E la Cei quanto ha stanziato? «Due milioni di euro», ci risponde Betori, «pagando l'Iva» - precisa - su tutto l'ammontare escluso il "dono" che proviene dal Vaticano. Inoltre ci sono gli sponsor e il contratto con Trenitalia. I partecipanti pagano una quota tra i 5 e i 75 euro. Alla fine dovrebbero versare in cassa circa 13 miliardi.
Scende la sera. Si affollano i giovani e gli abiti talari. Ed ecco anche Angelo Bagnasco, il presidente della Cei. Inevitabile ricadere sul tema dell'Ici: l'arcivescovo di Genova non aggiunge parole grosse ma l'argomento è lo stesso di Betori: quelle che non pagano l'imposta sono tutte opere di carità. «Queste situazioni - afferma - devono essere considerate in tutta la storia della chiesa che ha messo a disposizione dei più poveri e dei più deboli le proprie risorse. Spero e credo - aggiunge - che questa realtà non sia disconosciuta da nessuno».
Il fatto è che, sotto accusa, non ci sono le mense dei poveri, neppure soltanto le scuole cattoliche ma certe strutture ricettive gestite da enti religiosi che, avendo scopi spirituali o di foresteria, in realtà svolgono attività alberghiera. Betori preferisce insistere sulla Caritas ma deve ammettere che ci sono «tipologie» da chiarire. Il Concordato tra Italia e Santa Sede non c'entra, insiste, il tavolo di verifica esiste già presso il ministero dell'economia con l'Anci, il Terzo settore e la Cei. In un anno però non ha risolto il problema. Nel 2004 la Cassazione ritenne «commerciale» l'uso a fini sanitari di una proprietà no profit; Berlusconi cercò di rimediare estendendo l'esenzione, infine Bersani ci ha rimesso mano in senso più restrittivo. «Ma due finanziarie non sono bastate a fare chiarezza», osserva Betori. Nel frattempo chi non pagava non paga. Che ci voglia san Bertolaso?