Le accuse riguardano anche il questionario: «Ci abbinano a prostitute e tossicodipendenti»
LA DENUNCIA PUBBLICA
Ieri mattina una telefonata in redazione fa scoppiare il caso «Non ho malattie e sto da tempo con un compagno fisso»
«Discriminato perchè omosessuale». E’ la denuncia di un giovane, che chiameremo Marco, recatosi ieri all’ospedale di Pordenone, dipartimento trasfusionale, per donare il proprio sangue, che è stato respinto perchè gay.
«Era da un po’ che volevo fare questa cosa, ovvero diventare un donatore di sangue. Finalmente l’altro giorno avevo un po’ di tempo e ho pensato di approfittarne per recarmi in ospedale. Ci sono arrivato verso le 7,30 - ci ha raccontato ieri mattina Marco - ma poi, visto che le cose andavano per le lunghe e avevo degli impegni in mattinata che non potevo rinviare, me ne sono andato, non senza aver parlato con un’infermiera che mi aveva spiegato le procedure e fatto una stima sui tempi di attesa. Ieri - ha proseguito - sono ritornato, mi sono rivolto alla stessa infermiera che avevo incontrato in precedenza e che mi ha mandato a fare l’elettrocardiogramma. Da due giorni mi era comparso un herpes sul labbro e mi avevano avvertito che non avrei potuto donare, spiegandomi però che avrei potuto completare l’iter di raccolta di informazioni che avrebbe accorciato i tempi in occasione del primo prelievo. Così, dopo un paio d’ore di attesa, inizio l’intervista con una dottoressa che mi sottopone un foglio sul quale c’era scritto che prostitute, omosessuali e tossicodipendenti erano tenuti a dichiarare subito questa loro condizione. Ho fatto notare - racconta - che a mio avviso quella frase non era corretta, perchè gli omosessuali non “scelgono” di esserlo, mentre è una scelta drogarsi o prostituirsi».
Marco ha fatto anche notare che questo tipo di classificazione non tiene conto che l’infezione da Hiv si sta propagando con molta maggiore velocità tra gli eterosessuali, piuttosto che tra gli omosessuali. Lo scambio di battute tra il giovane e la dottoressa si è pritratto per qualche minuto, quindi Marco ha dichiarato tranquillamente la propria omosessualità e risposto alle domande sui comportamenti a rischio. Non ha avuto alcuna difficoltà a spiegare di vivere una relazione con un’altra persona del suo stesso sesso, una relazione stabile da oltre due anni, di essere fedele al proprio partner e di ritenere che il suo compagno gli sia altrettanto fedele.
Marco ha intuito che il medico, in qualche modo, sembrava disapprovare. Gli ha ricordato che la donazione poteva essere rischiosa - non per chi dona, evidentemente, ma per chi riceve - e che era necessario riflettere sull’opportunità di farlo. Ha, poi, parlato di malattie trasmissibili, di “periodo finestra”, di prassi e protocolli per garantire la sicurezza delle sacche di sangue e di plasma.
Al termine di questa lunga chiacchierata, proseguito per un’ora circa, a Marco è apparso chiaro che la dottoressa non lo riteneva un candidato idoneo. Non per l’herpes o l’eventuale raffreddore in atto, ma perchè omosessuale.
«Ho chiesto - ha raccontato - alla fine della discussione, se era inutile che ritornassi, e la risposta è stata sì: potevo fare a meno di ritornare perchè sono un omosessuale. A me, francamente, sembra un motivo abbastanza stupido per rifiutare il sangue di una persona».