Daniele Capezzone non mangia ormai da più di tre settimane. Ma non lo fa perché spera di diventare più magro, magari per sfilare in passerella o perché colto da anoressia politico-esistenziale. Invece insiste in questo “digiuno di dialogo” perché è convinto che solo così il presidente del Senato Franco Marini troverà la forza, la voglia e il coraggio di affrontare la questione spinosa degli otto senatori, di tutti gli schieramenti politici, ancora alla ricerca del seggio che non fu loro assegnato alle scorse elezioni politiche a causa di un’errata interpretazione della attuale legge elettorale. “Che a me notoriamente non piace, ma che almeno su questo punto è chiara” Spiega a “L’opinione” l’ex segretario dei Radicali italiani e attuale presidente della Commissione decima di Montecitorio, quella delle attività produttive che si occupa anche delle famose “lenzuolate” di liberalizzazioni varate dall’attuale esecutivo. Non è inutile dire che almeno quattro degli otto seggi in lizza dovrebbero essere assegnati alla Rosa nel pugno. Che così vedrebbe aumentare non poco la propria utilità marginale a Palazzo Madama dove la maggioranza si regge sul voto dei senatori a vita.
Quale è la questione sul piatto? La prendiamo di peso dal ricorso della Rosa nel pugno alla giunta delle autorizzazioni e delle immunità di palazzo Madama: “per il riparto dei seggi al Senato l’art. 17 del decreto legislativo 533/93 (novellato dalla legge 270/05) distingue nettamente due ipotesi: a) la coalizione o la lista con il maggior numero di voti ha conseguito almeno il 55% dei seggi; b) la coalizione o la lista con il maggior numero di voti non ha invece conseguito tale quota di seggi.” “Solo per la prima ipotesi - si legge nel ricorso - la legge (comma 3) prevede il riparto dei seggi all’interno della coalizione tra le sole liste collegate che abbiano ottenuto sul piano circoscrizionale almeno il 3% dei voti validi. Per la seconda ipotesi al contrario tale soglia di sbarramento al 3% non è in alcun modo prevista (commi 4 e seguenti). Anzi il comma 6 espressamente richiama per il riparto tra le liste il precedente art. 16, comma 1, lettera b), numero 1, disposizione che a sua volta prevede le “coalizioni che abbiano conseguito sul piano regionale almeno il 20% dei voti validi e contengano al loro interno almeno una lista che abbia conseguito sul piano regionale almeno il 3% dei voti validi”.
E’ sufficiente pertanto che la soglia di sbarramento sia superata da una sola lista coalizzata.” Che è appunto quanto è successo con la Rosa nel pugno in Piemonte, tanto per fare un esempio. Piccolo particolare: all’epoca del varo della legge, di questa doppia ipotesi di assegnazione dei seggi se ne era accorto il senatore Nicola Mancino, attuale vicepresidente del Csm e già presidente del Senato dal 1996 al 2001, e aveva anche presentato un emendamento per modificare la seconda ipotesi, cioè quella in cui nessuna delle liste su base regionale superasse il 55%. Però tale emendamento era stato respinto. Se si considera questo fatto l’attuale maggioranza, tirandola per le lunghe sulla sacrosanta richiesta della Rosa nel pugno, non dimostra di certo di essere in buona fede.
Onorevole Capezzone quale è attualmente la situazione su questi seggi ancora da assegnare in via definitiva?
Siamo purtroppo fermi allo scambio di lettere tra il sottoscritto e il presidente del Senato Franco Marini e, sottolineo, purtroppo, nonostante la mia azione nonviolenta si protragga da oltre tre settimane e ad essa da qualche giorno si sia affiancata analoga iniziativa della attuale segretaria dei Radicali italiani, Rita Bernardini, oltre ai compagni radicali che hanno inteso sostenerla con il loro stesso digiuno di dialogo sin dall’inizio, non si intravede una via d’uscita alla attuale situazione di stallo.
Cosa contiene questo scambio di lettere?
Marini mi ha scritto testualmente che la richiesta di esaminare il ricorso della Rosa nel pugno in merito alla interpretazione dell’articolo 17 del decreto legislativo 533 del 2006 “non è stata affatto trascurata dalla giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari”. Però ha usato la parola “protesta”, che poco si addice rispetto alla mia iniziativa che è solo di ripristino della legalità violata.
E quindi?
Il passaggio successivo della lettera di Marini (“Il problema è che l’Ufficio di Presidenza della Giunta – con decisioni unanimi – ha, in successive deliberazioni, attribuito priorità, anche per le intrinseche implicazioni con ricorsi di natura elettorale, al riconteggio delle schede bianche e nulle, da iniziare con 7 regioni, 3 delle quali sono oggetto dei ricorsi della Rosa nel pugno. Tale conteggio è già iniziato e la Presidenza della Giunta ha dato indicazioni ai Presidenti dei Comitati di accelerare i lavori anche ricorrendo all’uso del sistema del campione. Possiamo prevedere che, in un tempo ragionevolmente breve, l’operazione controllo schede sarà conclusa. Immediatamente dopo, la Giunta potrà affrontare la questione dell’interpretazione dell’articolo 17 sopra ricordato) mi ha lasciato perplesso: il “tempo ragionevolmente breve” è un criterio troppo indeterminato per indurmi a sospendere questo digiuno di dialogo. Qualcuno potrebbe ritenere che anche i nove mesi sin qui trascorsi senza prendere decisioni che ripristinassero la legalità contenuta nella lettera della legge, e non nella sua interpretazione, possano essere un tempo ragionevole e le circostanze attuali non fanno francamente ben sperare...”
Onorevole Capezzone, parliamoci chiaro: non è che qui la cosa al Senato la tirano per le lunghe per poi darle un contentino a fine legislatura, quando quei quattro senatori alla Rosa nel pugno non potranno più dare alcun fastidio a una maggioranza con la testa in fase pre-elettorale?
Io non amo la parola contentino e non la uso. Io mi rifiuto persino di ipotizzare che da parte della presidenza del Senato si possa solo pensare ad applicare una tattica del rinvio. Io ho riflettuto molto prima di iniziare il digiuno di dialogo. Ho voluto dare delle chance al Senato pensando che prima o poi questa cosa sarebbe stata affrontata. Ero ancora segretario quando mossi per la prima volta in maniera politica ed istituzionale questo problema, era l’epoca del congresso dei Radicali italiani tenuto a Padova. Poi sono passati altri tre mesi. Ho detto a me stesso: vedrai, il Senato ci penserà. Poi ho visto che non accadeva niente e ho iniziato a digiunare ma comunicando la cosa in maniera sobria. Ora constato che dopo tre settimane la politica che prevale è quella del traccheggiamento.
Che fare allora?
L’iniziativa diventa adesso quella di ripristinare la legalità in un Paese che sembra che abbia espunto tale parola dal dizionario, quasi che fosse diventata strana o straniera.
L’impressione però è che, come già accadde nella scorsa legislatura per i 13 deputati non assegnati, si tiri a far melina con la patata bollente fino alla fine dei cinque anni per limitare i danni. E’ chiaro che questa maggioranza che si regge al Senato con i voti dei senatori a vita, con quattro seggi assegnati a voi della Rosa nel pugno rischia di perdere il controllo. Non teme questi ragionamenti di real politik?
Non voglio neanche prendere in considerazione l’idea che qualcuno voglia mettersi sotto i pedi la legge scritta per considerazioni di questo tipo. Sarebbe una cosa di una tal gravità che voglio continuare a non prenderla in considerazione e se qualcuno volesse far prevalere le ragioni di fazione su quelle della legalità sarebbe una cosa di una gravità eccezionale.
Non teme di finire come Bobby Sands, di fatto sono già passate tre settimane senza che nulla si sia mosso?
Io non credo che il presidente del Senato Franco Marini abbia né la volontà né l’interesse che si protragga indefinitamente questa situazione che non fa onore proprio alla camera che lui preside. Lui non può dimenticare di essere la seconda carica dello stato.
E se alla fine la giunta e poi il Senato dichiarassero, come avvenne nella scorsa legislatura con i tredici deputati, che le cose stanno bene così come sono, decidendo in pratica di lasciare le cose come stanno?
Qui il problema non è solo di metodo, ma anche di merito. Il Senato non può eludere la legge scritta dandoci una risposta qualunque. Sennò lo scandalo si raddoppia. E’ noto che a me non piaccia questa normativa, sarebbe però paradossale che non venga applicata ma solo interpretata in uno dei pochi punti, se non nell’unico, in cui è chiara.