L’ex consigliere condannato in primo grado per aver diffamato un carabiniere che aveva sequestrato l’auto a un cliente di prostitute
TRIESTE Approda domani, davanti alla corte d’Appello di Trieste, il processo che ha portato alla condanna in primo grado, – per diffamazione - l’ex consigliere regionale dei Verdi, Mario Puiatti. Se la sentenza del tribunale di Udine dovesse essere confermata, Puiatti dovrà versare – oltre alle spese legali – 10 mila euro di risarcimento alla parte lesa, che il caso vuole sia un maresciallo dell’arma dei carabinieri. Basterebbe questo ad attirare l’attenzione sul processo, ma c’è di più. La vicenda che vede coinvolto il politico, infatti, va al di là del caso giudiziario ed è destinata a far discutere – come accadde per la sentenza di primo grado – per la battaglia civile che c’è dietro: una battaglia sulle norme che riguardano la prostituzione e sul diritto o meno di perseguitare i clienti. La vicenda inizia nell’agosto 2000 quando il maresciallo che ha querelato Puiatti, Giovanni Doretto, per combattere la prostituzione nel Comune di Bertiolo (Ud) inizia un’attività di vigilanza e controlli. Durante una serie di verifiche effettuate nella zona della Ferrata, il militare denuncia un cliente e gli sequestra l’auto. Questa operazione fa scattare immediatamente la reazione di Puiatti, che non la considera rispettosa della normativa e presenta un esposto denuncia alla procura per abuso di potere e abuso d’atti d’ufficio. La reazione del politico – conseguente a una battaglia condotta negli anni per i diritti di prostitute e clienti e per la promozione di spazi di libertà sessuale ribattezzati dalle cronache «parchi dell’amore» – si basa sul presupposto che la prostituzione non costituisca reato in Italia. Un tema caldo all’epoca. Un dibattito che vide dividersi i magistrati. La denuncia di Puiatti, però, fu archiviata in breve tempo ma la polemica non si chiuse così. Le parole che il politico utilizzò per comunicare la sua posizione alla stampa, non piacquero evidentemente al maresciallo Doretto.
Da qui ci fu una controdenuncia, per diffamazione, da parte del carabiniere che in primo grado ha avuto la meglio ottenendo la condanna dell’ex consigliere regionale. Una sentenza che l’appello potrà confermare oppure modificare.