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Così manager e dirigenti pubblici salvano i privilegi

Testo: 

Manager pubblici, dirigenti, alti funzionari dello Stato: una volta li chiamavano i boiardi. Oggi non usa più, ma i poteri, le prebende, i privilegi sembrano duri a morire. Basta leggere con attenzione il maxi-emendamento alla Finanziaria, scritto tutto in una notte, per capire che tra errori di stampa, confusioni sui numeri di articoli e riferimenti normativi, emerge tuttavia un´architettura lineare e studiata: quella che mantiene (quasi) intatti gli emolumenti d´oro di alcuni (pochi) a fronte dei sacrifici di molti. La pubblica amministrazione significa anche questo: un Moloch costruito per «caste» fondate su una babele di prescrizioni normativ, in cui esistono distanze siderali tra uno stipendio e l´altro, tra persone che magari lavorano gomito a gomito.

Il comma più interessante per intuire le dinamiche che hanno governato la stesura finale è il 594. Le agenzie di stampa in onore alla sintesi lo hanno riassunto come il tetto per i dirigenti pubblici, il cui onorario non dovrà superare quello del primo presidente della Cassazione, cioè i 250mila euro. In origine, forse, l´emendamento era proprio così: tutti i dirigenti (cioè circa 700 persone) sarebbero stati sottoposti a quel tetto. Nella notte fatidica sono state aggiunte tre paroline: i dirigenti« di cui all´articolo 19 comma 6» della legge sulla pubblica amministrazione. Tradotto: solo una settantina di persone saranno sottoposte al tetto. Vuol dire che 630 si sono salvate? Veramente no. Se ne sono salvate due o tre. Proprio per quelle due o tre sono state aggiunte quelle parolette. Lo sanno bene i rappresentanti sindacali e gli esperti che «masticano» di stipendi pubblici. Molti dirigenti sono assai lontani dai 250mila euro: quel tetto è un non tetto per loro. Quelli che lavorano ex articolo 19 comma 6 forse stanno meglio degli altri, visto che si tratta di esterni (presi dal mercato senza concorso) a chiamata diretta che contrattano personalmente i loro emolumenti. Ma anche tra questi pochi possono vantare redditi a quel livello. Allora, chi si è salvato davvero con quelle tre paroline? I sospetti si addensano sulle figure di vertice proprio dell´Economia. Ci limitiamo a registrare che il direttore generale guadagna 520mila euro annui e il ragioniere generale circa 400mila. Per loro il tetto non vale perché non sono articoli 19 comma 6. Il ragioniere Mario Canzio è sempre stato un interno, mentre il direttore Vittorio Grilli lo è diventato durante l´estate - almeno a quanto si mormora nei corridoi - mantenendo però lo stipendio più alto riservato agli esterni. Ci limitiamo anche ad aggiungere che 4 o 5 anni fa il ragioniere generale Andrea Monorchio guadagnava circa 400 milioni di lire annue: circa la metà. Per dovere di cronaca va detto che il limite massimo di 250mila euro annui si applica anche ai consulenti (impossibile fornirne una stima precisa, sta di fatto che lo stato spende per questa voce 350 milioni di euro l´anno), i membri di commissioni e di collegi e i titolari di qualsivoglia incarico corrisposto dallo Stato. I loro compensi dovranno essere resi pubblici sui siti delle amministrazioni e in Parlamento.

Altra norma «salva-ricchi» è quella che riguarda i manager di società pubbliche (attenzione) non quotate. Non si tratta né di Alitalia, né dell´Eni, né di Enel. Solo delle società controllate dallo Stato che non sono state collocate in Borsa. Dunque, Ferrovie o Poste, Cassa depositi e prestiti o la Rai. In questi casi (ma solo per il conferimento di nuovi incarichi, il passato resta così com´è) si prevede (comma 467) un tetto di 500mila euro annui a cui «potrà essere aggiunta una quota variabile non superiore al 50%», e si arriva a 750mila, che verrà corrisposta al raggiungimento degli obiettivi. Ma gli importi vengono rivalutati annulamente in base all´inflazione programmata: insomma, una sorta di scala mobile eliminata per tutti i lavoratori che torna in vigore per i manager. E tutti tacciono. Senza contare che per esigenze particolari il ministero dell´Economia può anche derogare ai tetti. C´è infine un piccolo «paletto»: il contratto non potrà prevedere buonuscite superiori all´equivalente di una annualità. Misera consolazione, visto che sull´annualità tutti i limiti sono in pratica valicabili. E i manager delle quotate? Pare si sia preferito non prenderli proprio in considerazione, visto che c´è la concorrenza del mercato. Peccato che i nostri manager guadagnino molto di più di loro omologhi stranieri (nonostante le aziende si ritrovino in alcuni casi al collasso).

Certo, ai vertici degli apparati pubblici si chiede anche qualche sacrificio. I ministri (solo quelli anche parlamentari) si chiede di rinunciare al 30% dei trattamenti economici, così come il personale non contrattualizzato (prefetti, poliziotti, giudici, militari, diplomatici e professori universitari) dovranno dire di no ad un terzo degli scatti retributivi , che aumenteranno solo del 70% fino al 2009. Ma in questo caso i livelli retributivi sono assolutamente non paragonabili a quelli precedenti. Tant´è che si parla di retribuzioni complessivamente superiori ai 53mila euro annui. E per finire, anche il privilegio a futura memoria. È scritto nel comma 802: i consiglieri e referendari medici della presidenza del consiglio potranno svolgere anche attivitàprofessionali esterne. Ma non ci sono referendari medici alla presidenza del consiglio. Ci saranno, ci saranno.

Data: 
Mercoledì, 20 December, 2006
Autore: 
Bianca Di Giovanni
Fonte: 
L'UNITA'
Stampa e regime: 
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