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PRONTA LA LEGGE C' E' GIA' L' INGANNO

Testo: 

Il dibattito sul referendum elettorale

Il referendum contro il porcellum, la legge elettorale vigente, ha già molto agitato le acque. L'ala radicale della maggioranza prodiana con Franco Giordano (Rifondazione) si è già espressa così: se qualcuno nell' Unione sosterrà i quesiti referendari, allora «ci sentiamo liberi da qualunque vincolo di coalizione». Davvero una bella «unione». E se questo non è un ricatto da manuale, allora ditemi cos'è. Comunque restiamo alle acque già smosse su queste colonne, dove sul referendum Guzzetti hanno scritto Mannheimer, il sottoscritto, Panebianco, ed è intervenuto l'on. Franceschini, presidente dei deputati dell'Ulivo. Il quale ci spiega, in modo garbato e distaccato, che i referendari sono degli ingenui che si agitano invano. Difatti «la norma referendaria che premierebbe con il premio di maggioranza non più la coalizione ma la lista che prende più voti porterebbe come conseguenza inevitabile... di far nascere due liste, due simboli di coalizione contrapposti». Come conseguenza inevitabile proprio no; come furbata e mascalzonata sì. Fatta la legge, è già previsto l' inganno. Se le coalizioni di partiti non servono più, allora i partiti rimediano facendo un «listone» unico per poi ridividersi subito dopo come gruppi parlamentari. Purtroppo Franceschini prevede esattamente quel che i furbacchioni del Palazzo si propongono di fare. Sono i furbacchioni che da ultimo hanno fulmineamente varato l' indulto Mastella (suo di nome, perché era già scritto per qualsiasi ministro) soprattutto perché metteva al sicuro una ottantina e passa dei loro poco onorevoli colleghi variamente imputati, condannati o prescritti: gli onorevoli wanted (dalla giustizia) minuziosamente elencati da Gomez e Travaglio in un loro recente libro. In un Paese serio i predetti ottanta non dico che sarebbero in prigione; ma sarebbero certo a casa. Invece da noi restano impuniti e pimpanti. Con questo e altri analoghi antefatti, non dubito del buon fiuto di Franceschini. Il problema è di come impedire questa ennesima beffa. È vero, il testo della legge elettorale non dice mai «liste di partito» ma solo «liste». Ma le nostre leggi sono spesso mal scritte, scritte con i piedi di estensori gottosi. In ogni caso, le leggi vanno interpretate. Liste di che cosa? Sicuramente non di asini volanti, di topi morti o di donne calve. Sicuramente liste di candidati elettorali. E candidati da chi? Sicuramente da «nominatori» che sono e possono soltanto essere i partiti (non certo Gesù bambino). Attenzione: nei collegi uninominali non è così; qui non ci sono liste e i candidati - appunto, uninominali - possono anche essere candidati che si propongono e impongono al partito. Ma nei sistemi proporzionali occorre la lista, e i «listati» non entrano in lista per autoproclamazione ma perché ce li mette, in vario modo, il loro partito. Quindi non c' è dubbio su quale sia la corretta interpretazione della legge: incentivare un nuovo soggetto unitario che non sia un collage, una appiccicatura di facciata, ma una effettiva fusione dei vecchi partiti. A questa corretta interpretazione potrebbe forse provvedere la Corte Costituzionale interpolando una dizione chiarificatrice (la parola partito) nel valutare l'ammissibilità del quesito referendario. Altrimenti saremo purtroppo alle solite. Ed è meglio esserne avvisati sin d' ora piuttosto che trovarsi infinocchiati all'ultimo.

Data: 
Venerdì, 17 November, 2006
Autore: 
Sartori Giovanni
Fonte: 
IL CORRERE DELLA SERA
Stampa e regime: 
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