Critiche al leader impegnato nel nuovo Satyagraha Villetti (Rosa): hanno valore. La difesa di Taradash
ROMA - E anche la bocca dell’Antitaliano, alla fine, si spalancò in un grande sbadiglio: «Leggo sui giornali che Marco Pannella ha iniziato uno sciopero della fame. Il centesimo, il duecentesimo?», si domanda retorico Giorgio Bocca nella sua rubrica sull’ Espresso . Per poi affondare: «Non ho ancora capito, e sono passati decenni, che cosa significhi questo ricatto: se non accettate le mie idee mi lascio morir di fame. E non morire mai da vent’anni e passa». Ohibò: aspettarsi che Marco crepi davvero? E ci lasci in pace? Venti giorni di Satyagraha e chi se ne frega: «All’Unione non gliene fotte niente», s’è lamentato qualche giorno fa Pannella. Ci è abituato. Lui e altri 2mila a digiunare, ad autoridursi i farmaci per l’amnistia e riavere otto senatori eletti ed esclusi, e cosa ti scrive Bocca, lo stesso che un tempo (1988) definiva Pannella «uomo dalle molte e valide battaglie»? Che Marco ormai «fa parte del nostro folklore». Che è tarantolato dalla «stessa ossessiva onnipresenza, lo stesso terrore di non essere visibile» simile a destra e a sinistra. Che i giornali dovrebbero ignorarlo. Che c’è poca differenza fra lui e Beppe Grillo, «un grillo che parla come Pannella digiuna».
Il pane e la Rosa. Vecchi sospetti. C’erano una volta gli opinionisti un po’ radical e molto chic (Camilla Cederna) che contemplavano estasiati il Digiunatore: «Ha un viso che emana una contagiosa letizia e un’irriverente folle ironia, capelli d’argento, sguardo allegro. Un tipo che non si direbbe allenato alla morte. Nel mio soggiorno assieme a lui entra una ventata d’aria fresca, un senso di forza e vitalità intensa. Sarà il famoso carisma?» ( Panorama , 1981). Oggi, no. Oggi Pannella è il Gandhi de noantri . Che solo i suoi, anche ex come Marco Taradash, difendono: «Bocca è fuori tema come al solito - dice il radicale di centrodestra -. Se s’aspetta che Pannella crepi, non creperà mai. Perché lo scopo dei Satyagraha non è rimetterci la pelle, né ricattare, ma mettere in luce una violazione di legalità». «Peso 54 kg per 1,71 d’altezza e, anche solo per questo, il digiuno non è forma di lotta che m’appartiene - dice Roberto Villetti, socialista della Rosa che pure aveva parlato di «battaglia persa», irritando Pannella -. Però ha un suo valore. Di risultati, Pannella ne ha raggiunti nella sua vita. Uno deve misurarne l’efficacia politica. Quanti scioperi fanno i lavoratori? Non mi sembra uno strumento logoro...». «Bocca spara a zero con pregiudizio, questa polemica sui digiuni è vecchia come quando accusavano Pannella di mangiare», si schiera Benedetto Della Vedova, altro radicale del Polo. Il quale però riconosce una certa confusione destra-sinistra: «Marco ha scelto di stare con la politica politicante. Non soffre d’ostracismo: ha referenti pesanti come il Corriere , posti in commissioni e al governo. Ha scelto Prodi. E allora giochi le sue carte lì: se vuole l’amnistia, ha una maggioranza su cui contare. Non può stare contemporaneamente al governo e all’opposizione». «Sì, l’attacco di Bocca è volgare - dice il socialista rosapugnone Ottaviano Del Turco -. Nessuno è obbligato a entusiasmarsi per uno sciopero della fame. Ma non s’irride chi lo fa nel modo più sereno e civile». Però, Del Turco, lei per primo non è un entusiasta di questi Satyagraha che fanno sembrare la Rosa una riedizione del Partito radicale... «Ho fatto il sindacalista per 30 anni. So che certe forme di lotta si usurano, se troppo ripetute. Ma questo lo sa anche Pannella».