«Ora evitiamo di farci del male su tasse e legge Biagi Dobbiamo ancora convincere Lombardia e Nord Est»
ROMA - Modello Chiamparino, «più concreto e fattivo», modello Veltroni, «più culturale e sociale». Quando si vince c’è l’imbarazzo della scelta: Riccardo Illy, primo presidente del Friuli Venezia Giulia per elezione diretta, capofila del «partito dei sindaci», non se la sente di premiare il primo e bocciare il secondo. O viceversa: «Sono entrambi vincenti». Anche se, da settentrionale, non nasconde tutta la sua simpatia (e maggiore frequentazione) per Sergio Chiamparino. Gioisce per il risultato delle urne, ma al tempo stesso lancia un allarme: «Il centrosinistra stia attento: una cosa sono le Amministrative, un’altra le Politiche». Nelle prime «si può anche fare a meno di Rifondazione, nelle seconde no». E avverte l’Unione: «Non lanciamo messaggi contraddittori sulle pensioni e non tiriamo troppo la corda sulla legge Biagi: non è la strategia migliore per conquistare il Nord». In altre parole: «Proprio ora che abbiamo cominciato ad erodere il consenso berlusconiano, non facciamoci del male». Non è la vittoria del «partito dei sindaci», come esempio vincente per il centrosinistra anche a livello nazionale?
«Indubbiamente molti tra i candidati che hanno vinto portavano un valore aggiunto rispetto alle coalizioni che le sostenevano. Effetto anche delle preferenze».
Che non ci sono nelle Politiche.
«Appunto. Il nuovo governo deve fare subito la riforma elettorale. Per tornare al maggioritario. Che sarebbe meglio, magari con il doppio turno. Oppure per aggiungere la preferenza unica al proporzionale».
La vittoria schiacciante di Torino fa parlare a tutti di «modello Chiamparino»: da seguire per continuare a vincere?
«Conosco personalmente il sindaco di Torino e lo stimo. Ma so anche che nella sua città è considerato da tutti capacissimo nel governo locale e al tempo stesso audace. Basta fare l’esempio della Tav della Val di Susa. Pur sapendo che non ne avrebbe mai incassato i vantaggi, perché i cantieri finiranno ben oltre il suo mandato, ha difeso l’opera. Ecco un esempio di etica nella politica: capacità di assumere scelte, anche impopolari, spiegandole ai cittadini».
L’Unione può quindi governare con il solo Ulivo, cioè con il nascente partito democratico, lasciando fuori il Prc, che comunque in questo secondo mandato starà nella squadra di Chiamparino?
«Stiamo attenti a non applicare automaticamente il modello locale a quello nazionale. Anch’io a Trieste ho governato 8 anni senza Rifondazione. Ma mentre alle Amministrative c’è il voto disgiunto e quindi conta molto la persona, nelle Politiche contano di più i partiti, soprattutto con il proporzionale. Quindi l’accordo con Fausto Bertinotti è una via obbligata. E tra l’altro può servire ad ammorbidire gli aspetti più radicali di quella formazione politica».
Allora che cosa è meglio: il modello torinese o quello romano, Chiamparino o Veltroni?
«Sono entrambi vincenti, anche se perseguono strategie diverse. Chiamparino risponde di più al carattere fattivo dei torinesi, tutto concentrato sui servizi reali ai cittadini, sulle opere che servono alla collettività. Veltroni piace di più all’anima romana: è abile nella comunicazione e nel gestire la cultura, oltre ad essere attento alle fasce più deboli della popolazione».
Al Nord, vinta la battaglia di Torino, resta però la Lombardia e soprattutto il Veneto, cioè lo zoccolo duro del centrodestra.
«In piccola parte, occorre riconoscerlo, è stato eroso in queste Amministrative. Però il grosso del lavoro è ancora da fare. E l’Unione, che rischia con una maggioranza così esigua al Senato, deve stare attenta a non inviare messaggi contraddittori sulle tasse, a non puntare sull’abrogazione della legge Biagi. Sarebbe vero e proprio autolesionismo. Il Nord non capirebbe, continuerebbe a votare centrodestra e resterebbe un grande divario da colmare».