Roma. Quando una regola viene sostituita da un’interpretazione arbitrariamente applicata alla sfida elettorale succede che mancano otto senatori all’appello di Palazzo Madama. La denuncia arriva dai Verdi e dai Comunisti italiani, ma soprattutto dai rosapugnanti che, con il leader dei Radicali, Marco Pannella, chiedono da giorni che sia fatta giustizia.
Secondo alcuni costituzionalisti interpellati dal Foglio, il ministero dell’Interno avrebbe decretato che ai pannellian-boselliani non spettano seggi a Palazzo Madama – ne rivendicano almeno tre – a causa di un’“espansiva“ applicazione della legge che “testualmente non prevede interpretazioni“, spiega al Foglio Michele Ainis, ordinario di Diritto pubblico all’Università di Teramo.
Il sistema elettorale ha una logica che poggia su due ipotesi separate e distinte: quando una coalizione ottiene il 55 per cento dei voti, dunque, non scatta il premio di maggioranza, non sono assegnati seggi a chi non raggiunge la soglia del 3; quando invece la coalizione resta sotto il 55 per cento e ottiene il premio di maggioranza, non si deve tener conto di tale sbarramento. Il ministero dell’Interno, invece, ha ritenuto di dover applicare la prima ipotesi, cioè la soglia di sbarramento del 3 cento, in ogni caso, secondo un’interpretazione “espansiva“, appunto, della norma. “Ma in materie come queste – osserva Ainis – dovrebbe esserci un’interpretazione restrittiva, per non incorrere in un doppio contrappeso che farebbe venir meno la logica stessa della legge“.Cioè la norma dev’essere applicata così come è scritta, stando alle due alternative chiaramente definite.
Anche Mario Patrono, ex membro del Csm e ordinario di Diritto costituzionale alla Sapienza di Roma, si è appassionato al dibattito e al Foglio spiega le sue conclusioni: “La legge elettorale non prevede soglie di sbarramento nel caso in cui la coalizione non raggiunga il 55 per cento dei voti,perciò è assurdo che la Rosa nel pugno non sia ammessa al riparto dei seggi all’interno delle liste. Si è ritenuto di estendere lo sbarramento ‘per analogia’, ma in via del tutto interpretativa, poiché il testo non lascia spazio ad alcun dubbio“, chiosa Patrono.
Stefano Ceccanti, però, dice che “lo sbarramento si ha indipendentemente dal premio di maggioranza“. Perché “quando il testo parla di liste ‘ammesse’ al comma 6, fa riferimento a quelle liste che hanno raggiunto un numero valido di voti del 3 per cento“. I Radicali sostengono che la causa di questo incidente di percorso sia da attribuire al relatore del testo delle circolari ministeriali inviate per facilitare l’interpretazione della legge. Per comprendere spirito e testo delle norme, non sarebbero stati tenuti in considerazione gli atti parlamentari.
In particolare un episodio: il senatore Nicola Mancino (Dl) aveva messo in luce la necessità di apporre alcuni correttivi al comma in questione. Proponeva di fatto che lo sbarramento fosse applicato anche nei casi in cui sarebbe scattato il premio di maggioranza, ma il suo emendamento fu bocciato.
Dunque, la soglia, par di capire, non c’è.
La battaglia radicale ha raggiunto le diverse corti d’Appello che però – nonostante l’impegno dell’onorevole Angelo Piazza, deputato della Rosa nel pugno ed ex ministro della Funzione pubblica – “hanno assecondato la tesi del ministero dell’Interno“. La questione finirà ora alla Giunta delle elezioni, ma come dice al Foglio Emma Bonino: “Si dovrà aspettare la formazione delle commissioni parlamentari“, con un governo già creato e un Parlamento attivo. Per questo motivo nella Rosa nel pugno stanno lavorando “per sottoporre subito la questione ad alcuni organismi internazionali“. L’impegno c’è, ma un film simile si era già visto nella scorsa legislatura, quando scoppiò il “caso Sardelli-Faggiano“ che fu portato per le lunghe dalla Giunta delle elezioni fino al termine della legislatura.