Le opposizioni replicano a Fi sulla mancata elezione diretta del presidente e pensano alla consultazione popolare Puiatti (Verdi): la gente li fermerà. Tesini (Ds): non faremo solo battaglie di principio UDINE - Se la maggioranza intende davvero bocciare l'elezione diretta del presidente della regione, le opposizioni potrebbero anche ricorrere al referendum popolare. È quanto prefigura l'esponente dei Verdi, Mario Puiatti, e sottende il capogruppo dei Ds, Alessandro Tesini, in risposta alle dichiarazioni rilasciate ieri al nostro giornale dal coordinatore regionale di Fi, onorevole Ettore Romoli. Ma ecco le prime reazioni alle affermazioni del deputato forzista. «Su un tema che chiede un disegno di lungo periodo - esordisce Alessandro Tesini - Romoli galvanizza le sue truppe, abituate a vivere alla giornata. Meno sicumera e toni piú smorzati non guasterebbero: Collino e Illy non sono sognatori né opportunisti, osservano ciò che succede nel resto d'Italia. Certo deprime lo scarto tra il gran parlare, da tre anni in qua, di riforme e la qualità delle sedi e dei contenuti del dibattito». «Altro che isolamento od ostruzionismo dei ds - sottolinea Tesini -: noi non vogliamo fare sconti ad alcuno sulla necessità di un percorso lineare, da realizzare anche per fasi. Proponendo e approvando la legge 15, che dà inizio ai trasferimenti regionali, abbiamo inteso operare cosí. Però i tempi ora stringono e preoccupa l'inadeguatezza dell'approccio». «Paghiamo tre anni terribili di maggioranza virtuale, di confusione istituzionale tra esecutivo e legislativo, di autentico vuoto politico e di appiattimento sulla amministrazione - sono ancora parole di Tesini -: ciò ha impedito l'approfondimento e il dibattito che cambiamenti di tale portata esigono. Per esempio, quando Romoli cita le elezioni politiche, si dimentica che da noi manca il conferimento di incarico da parte del presidente della Repubblica. E quando parla dei nodi ancora aperti nel modello delle regioni ordinarie, non aggiunge che, comunque, nessuno propone il ritorno al sistema precedente. Quanto alla territorialità, non capisco la differenza tra indicazione ed elezione diretta nel doverlo spiegare agli elettori: o li prendono per scemi o è chiaro che ciurlano nel manico». «I ds non sono rinunciatari né autolesionisti. Anzi, pensiamo che nel 2003 l'Ulivo abbia tutte le possibilità di vincere. Siamo convinti che l'elezione diretta - non da sola, ma componente di una riforma più ampia - porti a un sistema che, sebbene da perfezionare, ha già dimostrato di funzionare e di dare buoni risultati. Ci batteremo fino in fondo perché questa strada prevalga. Dopo di che non faremo solo battaglie di principio, di testimonianza né affidate solo alle soluzioni estreme, ancorché previste e ampiamente legittime e giustificate. Le convenienze, la nostra forza e la responsabilità che ci competono non lo consentono. Sui singoli aspetti - particolarmente per quanto attiene a modalità di indicazione del presidente, sbarramento e premio di maggioranza - faremo valere fino in fondo il nostro peso affiché le ipotesi subordinate siano le meno incoerenti e stravolgenti. L'obiettivo finale è sempre: alternanza, possibilità per i cittadini di decidere programma, coalizione, leader e squadra di governo; stabilità. Staremo a vedere la maggioranza fino a dove sarà disposta a svendere di tutto ciò nell'esercizio in cui più si riconosce: la campagna acquisti». «Appurato che il dibattito sulla riforma elettorale ha ormai trovato "il più ampio consenso all'interno del consiglio regionale", è bene che i cittadini friulani sappiano che a loro verrà negata, alle prossime regionali, la responsabilità di accollarsi la scelta del proprio governatore». Ad affermarlo è Gianfranco Leonarduzzi dei radicali italiani. «Ovvero, il sistema elettorale applicato nella maggior parte delle regioni italiane. Si dirà: la nostra è una regione a statuto speciale. Verissimo. Speciale anche nei passi indietro. Perché non cogliere l'occasione dello svecchiamento istituzionale che potrebbe derivare dal sistema elettorale utilizzato dalle altre regioni? Si potrebbe addirittura migliorarlo». «La nostra posizione ? spiega Isidoro Gottardo, capogruppo del Cpr ?, è sempre stata chiara: autonomia regionale in materia, proporzionale alla tedesca, presidente indicato prima, ma eletto dal consiglio regionale. Già, poiché i cittadini lo scelgono, ma hanno necessità che sia il consiglio, composto da consiglieri uno per uno altrettanto scelti da loro, a esercitare un controllo di indirizzo. Il consiglio, e non le lobby antiche o moderno che siano. La nostra posizione non è frutto di una fissazione, ma di una concezione della democrazia, della partecipazione dei cittadini, del ruolo costruttivo e responsabile che devono esercitare le formazioni politiche. Una posizione che da Don Sturzo in poi ha sempre caratterizzato il Popolarismo democratico, che non a caso rispecchia la posizione piú diffusa nei popoli europei non conservatori, distinta da una destra europea da sempre presidenzialista. Una posizione che poi certa sinistra da noi cavalca, a mio giudizio in modo miope, perché ritiene di avere più possibilità di battere la destra. Trieste insegna. Ma fin quando e a quale prezzo? Stabilità, leggittimazione, motivo per l'elezione diretta? Suvvia! A Bolzano Durnwalder regna con il proporzionale; da noi Berzanti, Comelli, Biasutti hanno lasciato la loro positiva impronta pur eletti e rieletti dal consiglio. La stabilità è il risultato di un modello politico trainante (e non di una regola) che trova applicazione in tutti i livelli in cui si governa. Illy teme un presidente in balía dei partiti? Ma lavori anche lui perché i partiti siano formazioni serie e pienamente legittimate. O preferisce le lobby? Con le liste di convenienza non si da risposta ai bisogni di idealità che emergono dalle nuove generazioni». «L'onorevole Romoli ci ha spiegato che la nuova legge elettorale regionale non prevederà l'elezione diretta del presidente, ma solo l'indicazione dello stesso. Non mi pare una gran notizia, posto che la contrarietà all'elezione diretta del presidente è osteggiata dalla maggior parte delle forze politiche», constata il consigliere dei Verdi Mario Puiatti. «L'unico pregio di ciò che ha detto Romoli è la chiarezza: ci dice che un presidente eletto direttamente dagli elettori avrebbe un potere eccessivo. In altre parole vuol dire che non risponderebbe ai partiti. Ma se è questa la paura dei partiti, perché non eliminare anche l'indicazione? Romoli parla di positiva esperienza nazionale. Forse dimentica che la Costituzione non prevede l'elezione diretta del presidente del Consiglio, per cui l'indicazione è stata una forzatura di dubbia costituzionalità. Un surrogato vista l'impossibilità di elezione diretta. Noi, però, non abbiamo vincoli, siamo liberi di decidere qualunque metodo e i problemi di campanile tra Udine e Trieste restano tutti, anche con l'indicazione. Quindi, cerca soltanto di giustificare la paura di perdere il potere di condizionamento sul presidente. Io continuo a ritenere che i detentori del potere siano gli elettori i quali hanno il diritto di decidere da chi essere governati. Se l'elezione diretta va bene per i sindaci e i presidenti di Provincia perché non prevederlo anche per la Regione? L'elezione diretta dei sindaci e dei presidente di provincia è figlia dei cambiamenti dell'era di Tangentopoli, quando i partiti erano deboli. Ora i "reduci" vogliono recuperare il potere perso. I cittadini attraverso il referendum possono fermarli». R.R.