Sotto accusa il primario di Ginecologia con altre 33 persone Inchiesta a Termoli, indagato anche deputato Udc
TERMOLI (Campobasso) - Le viscere dell’ospedale San Timoteo, una delle più grosse «aziende» del Molise, nascondevano segreti che medici e pazienti intuivano, a volte conoscevano, ma che non avrebbero mai potuto rivelare senza esser presi per pazzi visionari. Accadeva di tutto, là dentro. Appalti truccati, tangenti e viaggi da sogno come ricompensa per l’acquisto di farmaci e apparecchiature sanitarie, assunzioni di amici e clienti, riconoscimento di invalidità fasulle per ottenere pensioni, truffe miliardarie alla Regione e al ministero della Salute per progetti sanitari mai attuati, minacce e botte a chi osava obiettare, investimenti immobiliari all’estero dei quattrini incassati senza avere il tempo di contarli, ma soprattutto l’aberrazione della pratica di aborti illegali da parte di Patrizia De Palma, primario di ginecologia del San Timoteo e medico «in prima linea» nell’obiezione di coscienza in materia di interruzione di gravidanza. Ma ancor più incredibile è che si tratta della stessa De Palma condannata (sentenza passata in giudicato) per avere permesso, nello stesso ospedale, che un bambino partorito da una donna regolarmente sposata fosse letteralmente ceduto ad un’altra persona.
L’allora aiuto-primario tuttavia non scontò nemmeno la pena accessoria dell’interdizione di cinque anni dalla professione. L’inchiesta che svela questo verminaio è stata condotta dal procuratore di Larino, Nicola Magrone, e dal sostituto Arianna Armagnini, e si è chiusa con l’incriminazione di 34 persone, 11 delle quali arrestate (4 ai domiciliari) con un’ordinanza di 750 pagine del gip di Larino, Roberto Veneziano. I magistrati molisani raccontano l’inferno che si celava dietro il nome del santo a cui l’ospedale di Termoli è intitolato. E narrano di quegli aborti illegali, un’ottantina, praticati anche su ragazze minorenni e in alcuni casi oltre il terzo mese di gravidanza. Tutti fatti passare come l’esito inevitabile di aborti spontanei. Tutti a pagamento. Alcuni, i meno facili, eseguiti in ospedale, nel reparto del primario-ras. Gli altri, quelli da evadere come una pratica di routine, effettuati nello studio privato della signora, a San Severo, mezz’ora di auto da Termoli, e spesso senza alcuna visita medica, né esami clinici. Sempre a pagamento, 100 euro la visita e non meno di 300 l’intervento, nello studio privato. Senza nemmeno il ticket in ospedale.
Perché al San Timoteo, dicono i magistrati, comandava lei, Patrizia De Palma. E a Termoli comanda suo marito, Remo Di Giandomenico, che è il sindaco (oltre che parlamentare Udc) nel cui ufficio, sostengono sempre i giudici, si decidevano anche tutti gli affari dell’Asl e dell’ospedale. Infatti è agli arresti proprio il direttore generale dell’Asl, Mario Verrecchia, mentre Di Giandomenico, sebbene indagato insieme agli altri per associazione a delinquere, non è stato arrestato solo perché deputato.
Tre ras, dice l’accusa, così potenti da essere in grado di ricattare politicamente alleati e avversari, o di intavolare con loro «trattative» da pari a pari. Tra le intercettazioni, anche quelle in cui il sindaco di Larino, Nicola Anacoreta, braccio destro di Antonio Di Pietro, «avverte» Verrecchia di tener conto anche delle «esigenze» del centrosinistra in materia di assunzioni e non solo, altrimenti potrebbero partire denunce, dice. Ma ci sono anche protettori ad altri livelli, persino in divisa, come Salvatore Giannino e Oronzo Vergallo, maresciallo e colonnello dei carabinieri, che tengono al corrente gli indagati di ogni cosa abbia a che fare con l’indagine, e nelle aziende sanitario-farmaceutiche, come Ettore Folcando, che si da da fare per garantire alla De Palma persino una limousine a Manhattan.
Gli accusati negano, Di Giandomenico parla di «macchinazione politica», si appella alla «Magistratura democratica». Ma quegli aborti illegali, quelle testimonianze raccapriccianti delle ostetriche e delle pazienti, sarà difficile ricondurli a un complotto politico.
Carlo Vulpio
Commenti
..e così lo abbiamo scoperto..
...e così abbiamo anche capito quale era il sedicente «ospedale del centro sud» protagonista di quel delizioso servizio de "Le Iene" dove integerrimi ginecologi si rifiutavano di praticare aborti perchè erano obiettori integerrimi e risoluti...salvo praticarli nei loro studi privati per centinaia di euro. Sarebbe interessante sapere cosa succede veramente in tutte quegli ospedali dove è impossibile abortire perchè tutti i medici si dichiarano obiettori...così..tanto per citarne uno a caso...a Udine per esempio..
Un integerrimo saluto a tutti
G.Marco Vittorio