In Gran Bretagna la pratica è ritenuta illegale. Soltanto uno su tre aveva sollecitato i dottori a intervenire
Sondaggio segreto sui medici inglesi: così sono decedute 8 persone al giorno
LONDRA - Otto al giorno. E’ questo il bilancio dell’eutanasia in Gran Bretagna, dove la cosiddetta morte dolce rimane illegale, ma dove, a giudicare dal primo studio nazionale in materia, i medici ne fanno ampio uso. Quasi tremila persone nell’arco di 12 mesi, tutti malati terminali: un risultato che, secondo il professor Clive Seale, della Brunel University, autore della ricerca, indica che l’incidenza nel Regno Unito è inferiore a quella di alcuni Paesi europei, Australia e Nuova Zelanda, dove sono state realizzate indagini simili, ma che, per la Voluntary Euthanasia Society, dimostra che le norme vanno cambiate. «Questa ricerca conferma che alcuni dottori infrangono la legge per aiutare i loro pazienti a morire - ha detto la direttrice Deborah Annetts -. Tutto ciò viene fatto in segreto. Alcuni di questi medici agiscono per compassione, su richiesta dei pazienti, altri senza consenso. Non è un modo sicuro di procedere». Secondo la Annetts, serve una nuova legge che regoli meglio come deve comportarsi un dottore di fronte a un malato terminale che chiede di andarsene senza soffrire. Ma stando a quanto riscontrato dallo studio, realizzato attraverso 870 questionari anonimi, solo il 2,6% dei medici crede che un cambiamento della legge sarebbe nell’interesse del paziente.
«Questo dimostra - ha detto Seale - che i medici del Regno Unito sono meno propensi ad accettare l’eutanasia. In questo Paese siamo rinomati per le cure palliative. I medici sono disposti a prendere decisioni che danno la priorità al benessere del paziente, senza accanirsi a prolungare la vita a costo di infliggere ulteriori sofferenze».
Stando alla ricerca, nessun medico ha fornito a pazienti sostanze per suicidarsi: dei 584.791 decessi verificatisi nel 2004, lo 0,16% è da attribuirsi a casi di eutanasia volontaria, in cui un paziente chiede di morire, per un totale di 936 persone; lo 0,33%, 1.930 pazienti, a eutanasia non-volontaria, ossia senza richiesta esplicita. Molto più alto, invece, il tasso relativo a morti accelerate dalla sospensione delle cure, pratica legale: più di 170.000.
Un portavoce della proLife Alliance, contraria all’eutanasia in tutte le sue forme, ha sottolineato che «i casi in cui i medici praticano l’eutanasia sono di gran lunga inferiori a quanto vorrebbero farci credere coloro che vogliono renderla legale. Ciononostante, stiamo parlando dell’uccisione di 2.800 persone vulnerabili».
Paola De Carolis