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Serve un nuovo illuminismo per l’economia regionale

Testo: 

DIBATTITO
di GIANFRANCO LEONARDUZZI

Il seducente appello del presidente degli industriali di Pordenone, pubblicato sul Messaggero Veneto, rovescia finalmente, almeno nelle intenzioni, i collaudati conformismi delle imprese, quelle certezze di equilibri condivisi, patteggiati fra gruppi e settori protetti.
Corroborante davvero, intriso di quello spirito animalesco che anima colui che si sforza di dare soluzioni e risposte adeguate alle esigenze degli strati più colti e maturi.
E se aggiungessimo allo shock descritto entusiasticamente dalla presidente anche il lievito di un nuovo illuminismo? A quella pars costruens eretta sulla passione dell’individuo, sulla pulsione del profondo, sul gran ruolo della crescita dello spirito umano che alimenta il mondo imprenditoriale, non solo di spirito keynesiano, ma che si nutre anche di quel vento dell’Ovest americano che negli anni Sessanta liberò gli individui dal Corporate State per consentire loro di eccellere nel lavoro che più preferiscono? Siamo certi che oggi la nostra regione offra una nuova liberazione tesa a generare l’ottimismo necessario per scommettere sulla crescita delle aziende? Premesso che l’antidoto contro i rigurgiti protettivi alle imprese può essere solo l’abbattimento rapido di tutti i privilegi, occorre individuare i settori che in futuro saranno i protagonisti nella produzione del benessere e della ricchezza. Non è detto che il settore trainante sia il manifatturiero, probabile che sia, invece, il terziario, quello dei servizi alle imprese. Per l’intanto, un primo timido segnale che la Regione è attenta alle esigenze di chi investe viene dalla riduzione di un punto percentuale dell’Irap a coloro che dimostrano una tendenza alla crescita e allo sviluppo, attraverso, si spera, una ponderata scelta selettiva.
Paradigmatico, per non cadere nel déjà vu, è il recente contributo di 34 milioni di euro che la Regione ha destinato alle imprese che fanno innovazione. A parte il criterio di ripartizione, l’assegnazione presentava evidenti profili protettivi. Dunque le preoccupazioni sono legittime, anche perché il nostro mercato esibisce tutt’oggi vistose distorsioni a causa della presenza di ampi settori produttivi che operano ancora in nicchie protette e che sfuggono a ogni logica fondata sui seducenti animal spirits. Stando così le cose, le politiche industriali devono necessariamente spingere verso dei cambiamenti radicali, occorre essere consapevoli che il nostro modello di riferimento, quello basato sull’idea di proteggere il lavoro per via legislativa, è ormai datato, anacronistico. Oggi dobbiamo affrontare il problema da una prospettiva diversa che tenga conto della competizione estera. Come immaginiamo il futuro del Friuli: a sostegno dei campioni locali o la via del libero mercato che consiste nel creare le condizioni affinché i campioni di tutto il mondo vengano da noi a fare quello che gli imprenditori friulani non sono capaci di fare? Ecco le prospettive di merito per l’intera collettività! Gli interventi, i sussidi, sono sempre insidiosi, sono gli assassini dell’innovazione perché l’innovazione non c’è quando c’è protezione. E un nuovo illuminismo può partire solo da una rivoluzione culturale che modifichi antropologicamente l’impresa nel Nord-Est, il che implica fare delle scelte, fra una Regione che opta per un’economia protetta, oppure per un Friuli Venezia Giulia tecnologico e innovativo.

Componente
comitato nazionale
Radicali italiani

Data: 
Sabato, 26 November, 2005
Autore: 
Fonte: 
MESSAGGERO VENETO - Lettere
Stampa e regime: 
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