Il Capitalismo con Adrenalina Perché i taxi da noi costano più che a New York? Perché l’aspirina può essere venduta solo in farmacia?
Il nuovo libro di Francesco Giavazzi
MILANO - Il maggior pregio di Francesco Giavazzi, economista ed editorialista del Corriere, è anticipare i tempi. Portare avanti tesi e giudizi che inizialmente paiono restare inascoltati, ma che nel giro di poco tempo diventano altrettanti argomenti dell’agenda politico-economica. E’ stato così per il dibattito sugli ordini professionali, su imprenditori e rendita e, più di recente, sui conflitti di interesse delle banche. Lobby d’Italia (pp. 176, 8,20), il pamphlet che la Rizzoli Bur ha mandato in libreria in questi giorni, è una dimostrazione dell’incisività di Giavazzi. L’elogio del capitalismo concorrenziale non è mai bolsa retorica del business e del profitto, è invece l’indicazione pragmatica del sistema migliore per produrre benessere e insieme distribuirlo. I privilegi sono dei «tappi» e le lobby sono le forme organizzate che i padroni dei tappi si sono dati per perpetuare lo status quo. Perché in Italia non ci sono tassisti extracomunitari e le corse costano il doppio che a New York? Perché l’aspirina può essere venduta solo in farmacia? Perché il trasferimento di proprietà di un’auto usata ha bisogno della firma di un notaio? Quanti sono i casi di espulsione dall’ordine di giornalisti, medici, avvocati, farmacisti? Nessuno. E perché gli imprenditori italiani trovano più semplice rifugiarsi nelle rendite invece che battersi sui mercati esteri? Risiede in questi esempi - che abbracciano l’attività delle élite, ma anche la vita dei cittadini comuni - la radice del declino dell’Italia, un Paese destinato a diventare la Disneyland del Mediterraneo se seguirà le scelte che gli amministratori comunali - annota polemicamente Giavazzi - hanno fatto per Venezia.
Qual è la ricetta per invertire la rotta? Il sistema Italia deve riscoprire l’adrenalina della concorrenza, deve ripetersi che sarebbe stato meglio cento volte che l’Alfa Romeo non fosse andata alla Fiat, che la battaglia per l’italianità delle banche è una solenne sciocchezza, che il capitalismo della golden share e delle poison pill è l’accanimento terapeutico di chi non vuol far morire definitivamente le Partecipazioni statali. Guai quindi se alla perenne ricerca di un modello le classi dirigenti - magari proprio quelle che puntano a sostituire Berlusconi - si facessero affascinare dal modello francese. Di un colbertismo trasversale non abbiamo bisogno. Per sopravvivere alla concorrenza di India e Cina la scelta più giusta non è certo quella di ri-affidarsi allo Stato e alla capacità dei governanti di decidere dall’alto i progetti vincenti e i campioni nazionali. Se lo facessimo scopiazzeremmo l’Europa renana proprio quando mostra, forse definitivamente, la corda. Meglio quindi la prospettiva di Wimbledon, abbandonare per sempre l’idea dell’italianità e cercare di attrarre intelligenze e capitali, così come il torneo tennistico londinese è il top del suo genere anche se non lo vince da tempo immemore un tennista britannico.
Il libro di Giavazzi va consigliato prima di tutto al centrosinistra, a quanti contribuiranno a quel programma dell’Unione che ancora aspetta di veder la luce. Una convincente strategia d'uscita dal declino non si vede, ma esempi da seguire ce ne sono: Alessandro Profumo che porta l’Unicredit nel cuore della finanza renana, Sergio Marchionne che taglia i ponti con ogni tentazione neo-statalista. L’etica del capitalismo è questa: e il vero rischio, sostiene Giavazzi, è che le mille lobby che si arricchiscono bloccando il Paese e impedendogli di funzionare, dopo aver prevalso sotto Berlusconi, l’abbiano vinta anche se dovesse arrivare un governo Prodi.
Dario Di Vico
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Recupero la recensione del mese scorso pubblicata dal Corriere.
CURRICULUM DI FRANCESCO GIAVAZZI
Curriculum di Francesco Giavazzi
Università Bocconi
si è laureato in ingegneria al Politecnico di Milano nel 1972. Insegna economia politica all'Università Bocconi, della quale è stato pro-rettore alla ricerca tra il 2000 e il 2002.
Tra il 1992 e il 1994 è stato dirigente generale del Ministero del Tesoro, responsabile per la ricerca economica, la gestione del debito pubblico e le privatizzazioni. Dal 1992, anno della privatizzazione, alla conclusione dell'OPA lanciata dalle Assicurazioni Generali, è stato membro del consiglio di amministrazione e del comitato esecutivo di INA s.p.a. e, in rappresentanza di INA spa, vice-presidente del Banco di Napoli dal 1998 al 2000.
Fa parte del Gruppo dei consulenti economici del Presidente della Commissione europea e collabora con il Corriere della Sera e con Project Syndicate (http://www.project-syndicate.cz), un archivio on-line di articoli scritti da economisti di vari paesi.
I suoi editoriali e altro possono essere letti su http://www.igier.uni-bocconi.it/giavazzi.