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Ritiro delle truppe, Bonino contro il Professore

Testo: 

«Così si consegna il Paese ai tagliatori di teste». E critica la linea dell’Unione sulla Chiesa

RICCIONE - Prenda appunti il professor Prodi: i radicali che stanno per fare irruzione nel centrosinistra hanno idee opposte alle sue riguardo all’Iraq. Lui vuole ritirare i soldati italiani, i radicali pensano sia doveroso mantenerli nel deserto mesopotamico.
«Oggi - secondo Emma Bonino - il ritiro delle truppe significa consegnare l’intero Paese ai tagliatori di teste e alla guerra civile».
La leader radicale, in un discorso che ha infiammato i partecipanti al congresso del partito, ha detto di considerare disumano il continuo riferirsi all’Iraq come a un’entità astratta. «Non dobbiamo affrontare il problema in base al quesito: ritiro sì, ritiro no». La decisione deve tenere conto della sorte di milioni di iracheni. Cosa ne sarà di loro se i contingenti militari vengono via? La Bonino risponde evocando il ritiro americano dal Vietnam. L’abbandono dell’Est asiatico portò come conseguenza massacri e oppressione comunista in Vietnam e favorì l’arrivo del regime di Pol Pot in Cambogia. Il ritiro in quell’area l’hanno pagato «con la vita milioni di persone».

IL RICHIAMO - È un richiamo al realismo. «All’inizio anche noi fummo contrari alla guerra. Ma una volta che la guerra è cominciata bisogna decidere da quale parte stare». E oggi chi vuole il ritiro si pone inconsapevolmente dalla parte dei massacratori.
Se il futuro dell’Iraq è un rebus, non è più rassicurante la situazione in Afghanistan. Bonino vi ha trascorso tre mesi come osservatrice dell’Unione Europea della campagna elettorale e delle votazioni. Sta scrivendo un rapporto su ciò che ha visto. Il contenuto si annuncia esplosivo, «e io so già che sarò oggetto del linciaggio dei perbenisti». La grande minaccia non sono i talebani, ma i proventi illegali del papavero: il 50 per cento del danaro che circola nel Paese, e cioè 2,7 miliardi di dollari all’anno, finisce nelle mani dei boss della droga che «dispongono di una forza enorme per corrompere le istituzioni». Si rischia di passare «dalla teocrazia alla narcocrazia».

LA SVOLTA - Parla quasi da ministro degli Esteri, la Bonino. «Noi radicali siamo forza e persone di governo. Non siamo inaffidabili». In fondo questo è il vero segno della svolta del partito di Pannella e della sua alleanza coi socialisti. Da gruppo corsaro e un po’ confusionario, ambisce a trasformarsi in forza di potere. Star fuori dal Palazzo non paga. Il fallimento dei referendum ha convinto la dirigenza radicale a cambiare strategia. Condizionare le scelte dall’interno delle amministrazioni può rivelarsi più redditizio delle campagne referendarie.
«Vogliamo tornare in Parlamento - manda a dire la Bonino al futuro alleato Prodi - con una nostra pattuglia di qualche decina di cocciuti, testardi e insopportabili laici». Con l’intento di regolarizzare un numero più ampio di immigrati, «approvare leggi all’altezza dei tempi» e contrastare l’offensiva della Chiesa. «Da tempo assistiamo a un degrado costante: Ruini ha cose da dirci ogni giorno, su tutti i temi politici. Ma allora, se è diventato un leader politico, la Chiesa non deve avere i privilegi del Concordato». L’abolizione degli accordi col Vaticano non le sembrerebbe uno scandalo, «perché non fanno parte di una tradizione storica, ma è stato introdotto solo alcuni decenni fa dal fascismo». Nemmeno sarebbe scandaloso togliere alla Chiesa l’8 per mille, «in parte utilizzato dal buon pastore contro il referendum».
Oggi i convegnisti si preparano ad ascoltare il nume tutelare del partito, Marco Pannella. Seguirà l’atto finale, l’elezione del segretario. Daniele Capezzone ha la riconferma in tasca. Un solo rivale gli contende l’incarico, il ginecologo torinese Silvio Viale, sperimentatore della pillola abortiva.

Marco Nese

Data: 
Martedì, 1 November, 2005
Autore: 
Fonte: 
Corriere della Sera
Stampa e regime: 
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