You are here

Bertinotti apre ai radicali ma il Pdci non li vuole

Testo: 

L'OPPOSIZIONE AL BIVIO
I veti incrociati rendono difficile l'allargamento dell'Unione. E si litiga anche sul rapporto da avere con il mondo cattolico

L'ex pm Di Pietro non gradisce di stare nella stessa alleanza con il leader del Nuovo Psi e tuona: «O me o De Michelis»

Roma
NOSTRA REDAZIONE

Le primarie vanno avanti - anzi, dice Fassino, ora assumono «un significato particolare, perché attraverso una vasta partecipazione gli elettori si potranno esprimere in modo esplicito e netto contro le scelte che il centrodestra sta cercando di imporre» - ma nel centrosinistra i problemi si moltiplicano. Anche lasciando stare un eventuale ritorno al proporzionalismo, la coalizione guidata da Prodi continua a litigare sul possibile ingresso dei radicali e dei socialisti del Nuovo Psi e, ora, comincia anche ad interrogarsi sulla quantità di laicismo da considerare corretta in uno schieramento di centrosinistra.

Sui radicali, da Bertinotti arriva un sì convinto: «Sono favorevole - dice il leader di Rifondazione - con Pannella abbiamo avuto diversi scontri, soprattutto su questioni di politica estera, ma credo che una forza radical-socialista porti vitalità all'interno della nostra coalizione». Con altrettanta convinzione, Rizzo (Pdci) avverte di essere contrario: le distanze sono «abissali», spiega e ricorda che «su guerra, articolo 18, privatizzazioni, welfare la distanza tra le posizioni ultra-liberiste dei radicali e quelle dell'Unione è talora inconciliabile». In controtendenza col suo partito, Bordon (Margherita) guarda invece «con grande interesse» all'eventuale arrivo dei radicali. Di Pietro, invece, apre un altro fronte: quello dei socialisti del Nuovo Psi, che potrebbero arrivare nell'Unione grazie alla riunificazione con lo Sdi, nell'ambito del nuovo soggetto politico messo in piedi da Sdi e radicali. Ebbene, l'ex pm oggi leader dell'Idv non usa perifrasi e mette in chiaro: «O me o De Michelis: le nostre posizioni sono incompatibili, ma non perché lui è socialista, ma perché fa parte del gruppo di persone che hanno contribuito a sfasciare l'Italia e oggi vorrebbero avere gli strumenti per rigovernarla. Noi crediamo che questo non sia possibile».

Altra questione di peso: i rapporti col mondo cattolico. Nella caccia al voto di centro, e dopo gli interventi del cardinale Ruini e dello stesso Pontefice sul rispetto che la politica dovrebbe portate alla morale cattolica, si sono moltiplicate le voci di attenzione e consenso (da Fassino a Bertinotti) e questo provoca un certo sconcerto. Prodi sceglie una via mediana: «I principi della Chiesa sono importantissimi per aiutare le coscienze e per richiamare i principii forti della nostra vita. Ecco, io su questo non ho mai avuto dubbi. Poi però ho una concezione molto forte dei doveri di autonomia e responsabilità di chi fa politica». Rizzo (Pdci) ricorda polemicamente che «la difesa della laicità dello stato deve essere patrimonio di tutte le forze del centrosinistra, e non bandiera esclusiva dei radicali». E Mussi (sinistra ds) annuncia di aver chiesto «un dibattito serio sulla questione cattolica, perché si rischia una regressione rispetto alle conquiste del Concilio vaticano secondo e un interventismo politico che mette a rischio il regime concordatario». In polemica con la gerarchia ecclesiastica, Mussi aggiunge che «il concetto di laicità dello stato è nitido e non c'è da aggiungere il termine "sana"».

In questo quadro, le primarie vanno avanti. Bertinotti si augura di vincere su Prodi, convinto che «dovremmo dimostrare che è arrivato il momento che un largo schieramento per combattere Berlusconi sia diretto da un uomo o da una donna di sinistra». Fassino ribadisce il sostegno a Prodi: più voti raccoglierà il Professore, più forte sarà la sua leadership, più credibile sarà l'intera coalizione e più facile sarà la vittoria sulla Cdl.

R.R.

Data: 
Martedì, 4 October, 2005
Autore: 
Fonte: 
IL GAZZETTINO
Stampa e regime: 
Condividi/salva