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Contigui e affini

Testo: 

Radicali e socialisti un legame di oltre un secolo

Tutto quel poco o quel tanto che in questo paese si è riusciti a fare nel campo dei diritti di libertà, di quelle regole che ampliano il ventaglio delle nostre scelte e che “governano“ la nostra vita, si è fatto quando radicali e socialisti hanno saputo e potuto trovare un comune denominatore, un’intesa, vittorie e progressi di tutti, per tutti

Gualtiero Vecellio

La possiamo prendere alla lontana: cent’anni fa, si consuma a Milano una sanguinosa repressione, guidata dal generale Fiorenzo Bava-Beccaris. Alle cannonate e alla brutale repressione del maggio 1898, i milanesi rispondono dando la maggioranza per il comune alla lista unitaria (si chiamava “Unione“), raggruppamento di radicali, repubblicani e socialisti. Per Filippo Turati e la “Critica Sociale“ l’accordo non rappresenta un fatto episodico; piuttosto è “l’elemento centrale della nuova strategia“ da adottare; una strategia che si sarebbe imposta a livello nazionale nelle elezioni politiche del giugno 1900. Un’alleanza che consente il varo di un piano di riforme politiche ed amministrative: dalla refezione scolastica alla costruzione di case popolari e la municipalizzazione dell’energia elettrica. “Milano“, scrive Gaetano Salvemini, “in quei mesi non faceva altro che anticipare le tendenze che sarebbero state accolte poi dal resto d’Italia, facendo nascere quell’alleanza che poi sarebbe stata fondamentale nello sconfiggere la reazione di fine secolo“.

Ma veniamo a tempi a noi più vicini.

Doppia tessera, radicale e socialista da sempre, Loris Fortuna è uno dei campioni dell’Italia laica, socialista e libertaria; e questo spiega il suo essere vieto e vietato. Per dire: non esiste una via a Roma o a Milano a suo nome; la Camera dei Deputati non ha predisposto alcuna raccolta dei suoi interventi; il ministero delle Poste così prodigo nel ricordare e omaggiare con francobolli e annulli personalità di ogni tipo, non ci pensa neppure di dedicarne uno a Loris. Chissà che questa rimozione (certo: odiosa e da combattere), alla fine non sia il riconoscimento migliore che i suoi avversari gli possono fare.

In un articolo, “Doppia tessera e tradizione socialista“, del 1972, sostiene: “… E’ necessario reggere un urto generale, ciascuno di noi nel suo partito, e che il Partito Radicale si rafforzi in una tenuta continua, e contemporaneamente si organizzi un movimento di massa. Ho proposto come perno di un rilancio del Partito Radicale dei socialisti, una Costituente Laica. La prima cosa da fare è dichiarare pubblicamente che credo giusto ritornare al vecchio metodo di iscrizione che fu del primo socialismo italiano. Ritengo che si debba riproporre, sia anzi un motivo di arricchimento ideale e di eguaglianza in una serie di battaglie, la possibilità di essere iscritto a due partiti affini, di avere la doppia tessera...“.

Non c’è, in quegli anni, solo Fortuna che “concilia“ la tessera radicale con quella socialista. Tra i tanti che decidono di iscriversi al PR mantenendo la tessera del PSI il senatore Giorgio Fenoaltea: “La componente laica“, scrive, “dovrebbe entrare in Italia nella prassi di ogni partito di sinistra, in quanto educazione al corretto pensare civile...“. Fenoaltea, assieme ad altri parlamentari socialisti di allora (Fortuna, Carlo Mussa-Ivaldi, Arialdo Banfi, Eugenio Scalfari) è tra quanti ritiene la vittoria sul divorzio il primo passo per successivi scontri tra l’anima progressista e laica del paese e quella democristiana, conservatrice e clericale. In opposizione alle classi politiche dei partiti laici di allora, che considerano la battaglia divorzista come una parentesi. Fenoaltea, con Fortuna, Mussa-Ivaldi, Scalfari, Iannuzzi, Renato Ballardini (e altri: Ferruccio Parri, Simone Gatto, Lelio Basso, l’indipendente di sinistra di estrazione cattolica Gianmario Albani, il liberale Ennio Bonea), nel direttivo della LIAC, la Lega Italiana per l’Abrogazione del Concordato.

Fortuna non è “solo“ il padre “parlamentare, con il liberale Antonio Baslini, della legge che introduce il divorzio in Italia, in quegli anni fortemente sostenuta e voluta dai radicali e dalla Lega per l’istituzione del divorzio. Il suo nome è legato anche ad un’altra fondamentale legge di civiltà: quella che depenalizza l’aborto: questione che viene imposta all’agenda politica dagli arresti di Emma Bonino, Giorgio Conciani, Adele Faccio e Gianfranco Spadaccia. In quell’occasione radicali e socialisti percorrono un importante tratto di strada insieme.

La doppia tessera
Non per un caso il congresso del novembre del 1975 a Firenze vede la partecipazione di una nutrita rappresentanza socialista di tutte le “anime“ del partito (Michele Achilli, Luigi Mariotti, Tristano Codignola, Loris Fortuna, Mario Artali, Luigi Bertoldi). Un altro parlamentare che spesso incrocia la sua strada con quella dei radicali è Ruggero Orlando, mitico corrispondente della RAI da “Qui, Nuova York…“; Orlando, socialista da sempre, dopo aver lasciato la RAI si candida nelle liste socialiste, viene eletto; e oltre a sostenere quasi tutte le iniziative radicali, si iscrive come Fortuna e altri al partito, “doppia tessera“. Sempre in quegli anni viene redatta una “Carta della libertà, progetto di iniziativa popolare per l’attuazione delle libertà e delle garanzie costituzionali“ a cui lavorano oltre ai radicali anche giuristi ed esperti socialisti (Federico Mancini, Gino Giugni, Mario Bessone, ecc.).

Un momento importante di unità sostanziale e operativa si raggiunge nel 1986. Il 13 marzo di quell’anno presso la Corte di Cassazione si depositano le richieste dei referendum sulla responsabilità civile dei magistrati; sulla commissione parlamentare inquirente; sul Consiglio Superiore della Magistratura. Nelle richieste di referendum sottoscritte da esponenti radicali, socialisti e liberali c’è già tutto quello che ancora oggi si denuncia a proposito dei mali della giustizia. Più in generale si può dire che radicali e socialisti si sono “trovati“ o “ritrovati“ in occasione delle iniziative politiche e referendarie contro i reati di opinione (1971, 1974, 1977-78); contro le norme della cosiddetta “legge Reale“ e poi contro quelle della cosiddetta “legge Cossiga); contro l’ergastolo; la riforma dei codici, del sistema penitenziario e dei relativi ordinamenti; fino alle ultime per l’indulto e l’amnistia. Per esempio un momento importante, per imporre all’attenzione del paese e dell’agenda politica, è stato il cosiddetto “caso Tortora“, di cui tutti – credo – serbiamo sufficiente memoria e dunque qui è sufficiente evocarlo.

In precedenza c’era stato un altro momento importante: il caso del rapimento del giudice Giovanni D’Urso da parte delle Brigate Rosse, il 12 dicembre 1980. In quell’occasione radicali e socialisti recuperano momenti di importante sintonia e sensibilità. Secondo uno schieramento ideale e politico che ripropone e consolida scelte già operate durante i giorni del sequestro Moro, si riesce a determinare il miracolo della salvezza di D’Urso, e scongiurare che sul suo cadavere si consumi una svolta di regime alla quale erano già pronte e disponibili componenti autoritarie presenti nei diversi partiti e a vari livelli delle istituzioni.

Qualche insegnamento
Perché ricordare questi episodi, importanti singolarmente ma ancor di più se presi nel complesso? Perché costituiscono parte della nostra storia – una grande e bella storia – di cui non dobbiamo smarrire memoria; e anzi dovremmo cercare di ricavare qualche insegnamento. Abbiamo, per esempio un illustre precedente, significativo. Pochi sanno che Romolo Murri, il sacerdote fondatore del Partito Popolare, poi scomunicato, emarginato dalla Chiesa, è stato parlamentare radicale eletto da un’alleanza laico-radical-socialista nel collegio marchigiano di Montegiorgio. Su l’“Avanti!“ di quei giorni si legge: “… Dunque ci sembra che il Partito Socialista possa riguardare la candidatura di don Romolo Murri come la candidatura di un affine a cui non si negano adesioni e aiuti!“.

Radicali e socialisti sono sempre stati “cugini“, e in quanto tali, spesso e volentieri rissosi e litigiosi, non si sono risparmiati nulla; come appunto accade tra “vicini“ e contigui, “cugini“. Ma c’è una sorta di “legge“ non scritta, tutta politica e civile, di cui conviene serbare memoria e tener conto: tutto quel poco o quel tanto che in questo paese si è riusciti a fare nel campo dei diritti di libertà, di quelle regole che ampliano il ventaglio delle nostre scelte e che “governano“ la nostra vita, si è fatto quando radicali e socialisti hanno saputo e potuto trovare un comune denominatore, un’intesa, vittorie e progressi di tutti, per tutti. I momenti di frizione e di polemica, al contrario, non hanno portato alcun beneficio, e anzi hanno recato danni: ai radicali, ai socialisti, all’intero paese.

Data: 
Domenica, 11 September, 2005
Autore: 
Fonte: 
AVANTI DELLA DOMENICA
Stampa e regime: 
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