«Neo alleati» nell’Unione ma già duellanti
Il caso
Prove di dialogo tra futuri alleati di governo. Oliviero Diliberto: «Scrive Erodoto che, quando si sentivano vicini alla costa, i naviganti fenici gettassero in acqua i maialini-pilota, bestiole che avendo il senso della corrente possedevano lo straordinario dono di nuotare verso l’approdo. Ecco, come maialini-pilota i radicali sono pigri. Ritardatari. I migliori sono già partiti due anni fa. Che ora pure i radicali vogliano stare con noi dell’Unione è di buon auspicio. Non vorrei però che, dopo essersi procacciati qualche buon collegio, subito dopo la vittoria passassero all’opposizione. Anzi, vista la loro volubilità, è quasi certo».
Marco Pannella: «È mortificante che dell’unico partito rimasto, con alle spalle cinquant’anni di storia, attivo in Afghanistan e in Vietnam, in Medio Oriente e in Cina, si parli solo in risposta ieri a un Mastella, oggi a un Diliberto. La sua ostilità è un titolo di merito, la sua avversione mi onora perché è frutto di una tradizione antica: i comunisti ce l’hanno nelle viscere; il loro popolo è sempre stato con noi e contro di loro, ha votato ai referendum per il divorzio e l’aborto nonostante la volontà dei Cossutta».
Per Clemente Mastella i radicali sono troppo a sinistra. Per Alfonso Pecoraro Scanio, e ora pure per Oliviero Diliberto, troppo a destra. Il segretario dei Comunisti italiani l’ha detto all’ Unità , l’ha ripetuto in un’aspra discussione pubblica con Enrico Boselli, se l’è sentito rimproverare dal quotidiano della Margherita («mi ricordano che nel programma dell’Unione ci sono i buoni rapporti con gli Stati Uniti, ma è una precisazione inutile; io il programma dell’Unione l’ho già sottoscritto, Pannella no»).
Il peso specifico e storico dei duellanti sembrerebbe imparagonabile. Però alle ultime europee hanno avuto più o meno gli stessi voti. E Diliberto vanta «alcune medaglie unioniste, fin dal 1998», l’anno della scissione che prorogò la legislatura del centrosinistra. «Pannella invece fino alle regionali si vantava di non stare né di qua né di là». Con i comunisti, del resto, i radicali non si sono mai presi; anzi, la loro fortuna elettorale coincise con la polemica anti-Pci su diritti, libertà, garanzie. «Però il Pannella degli anni Settanta combatteva battaglie giuste. Ora ha voluto un referendum per abolire l’articolo 18 e ha appoggiato la guerra di Bush. Sui due terreni di scontro più duro con Berlusconi, il lavoro e la pace, i radicali erano contro di noi. Ammettano solennemente di essersi sbagliati. Altrimenti facciano la loro alleanza con lo Sdi, ma non pretendano di entrare nell’Unione».
Pannella accetta lo scontro con ritrosia e in modo sfumato: «È un problema del tutto stupido, scemo, imbecille. Siamo alle solite: l’elogio ai radicali è un dogma, come per Garibaldi; tutti ci lodano per il nostro passato, pure Diliberto. Poi nessuno ci vuole. Sull’articolo 18 siamo stati dalla parte non dei loro burocrati ma del 70 per cento del ceto operaio che sceglie l’indennità anziché il reintegro. In politica estera noi siamo da cinquant’anni sulla linea europea e atlantica, e ci intristiscono le miserie castro-comuniste di Diliberto» («ma se Castro ha mandato i suoi medici a New Orleans e gli americani hanno accolto gli aiuti cubani braccia aperte!»). «E poi Diliberto è l’unico politico al mondo ad avere rapporti con Hezbollah» («ma se ce li ha pure Chirac, che li ha esclusi dalla lista dei Paesi terroristi!»).
Ovviamente non si tratta solo di Fidel e di sciiti. E neppure di altri dissapori («quando i russi volevano espellere dall’Onu il partito radicale transnazionale perché difendevamo i ceceni, e i vietnamiti tentarono di cacciarci perché aiutavamo i dissidenti cristiani, tutto Montecitorio votò una mozione di solidarietà, tranne i Comunisti», racconta Pannella).
Entrambi, Diliberto e Pannella, si ritengono alla sinistra dell’altro. «Già ci sono abbastanza liberisti nella Margherita e nei Ds, se imbarchiamo pure i radicali diventiamo una coalizione arciconservatrice in economia». «Da cent’anni le posizioni liberali e liberiste sono posizioni di progresso. Gaetano Salvemini ed Ernesto Rossi, cui da tempo aspettiamo che i pontefici del comunismo chiedano perdono, sono all’estrema sinistra del riformismo italiano. Le forze conservatrici della destra e della sinistra sono sempre state per il protezionismo». A complicare ulteriormente le cose, il segretario radicale Daniele Capezzone racconta di aver dibattuto lunedì scorso alla festa dell’Unità con il pontefice Armando Cossutta, che ha concluso auspicando vivamente l’accordo con i radicali. «Certo che ho parlato con Cossutta - dice Diliberto -. Abbiamo affrontato il tema prima delle regionali e ci siamo detti: sì ai radicali, se tornano indietro e aderiscono al nostro programma». «È tutta la vita che propongo le stesse riforme - dice Pannella -. Figuriamoci se vi rinuncio per piccoli calcoli elettorali». Quanto piccoli? «Se fossi andato da Vespa 71 volte come Bertinotti anziché 5, forse avremmo un risultato elettorale a due cifre». Ma quanti collegi chiederete a Prodi? «Ci saranno pur delle regole. Se un partito ha il tre per cento, avrà il doppio di collegi di un partito dall’uno e mezzo, no?».