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«Ora il raìs deve mantenere le promesse»

Testo: 

Emma Bonino: «Come in Afghanistan, la democrazia è diventata un processo storico»

DA UNO DEI NOSTRI INVIATI

IL CAIRO - Emma Bonino conosce bene l'Egitto, dove ha casa da anni e da anni segue con passione il difficile percorso verso l'apertura democratica del grande Paese arabo. Ma le presidenziali di mercoledì, per la prima volta con più candidati, non l'hanno vista presente al Cairo, come avrebbe voluto. L'europarlamentare radicale, ex Commissario Ue per gli aiuti umanitari, si trova infatti in Afghanistan come capo degli osservatori europei, in vista delle consultazioni parlamentari e provinciali del 18 settembre. Lì l'abbiamo raggiunta al telefono.
Allora, è davvero "storico" questo voto in Egitto? Mubarak ha stravinto, molti denunciano brogli.
«Ritengo che la "democrazia" sia un processo, e che ci siano fasi storiche in ogni Paese in cui "il processo" è quasi più importante dei risultati immediati. Da questo punto di vista ritengo che le elezioni in Egitto sono un momento "storico" anche se non totalmente democratico, come media stranieri e osservatori locali hanno ampiamente dimostrato. Lo stesso sta succedendo in un Paese tanto diverso come l'Afghanistan. Ma gli elementi di cambiamento storico in questo voto perderanno ogni senso se il governo e gli egiziani non si muoveranno rapidamente e credibilmente verso nuovi traguardi. Per entrare davvero nella storia, l'Egitto deve stabilire meccanismi veri per ridurre gli abusi già alle prossime politiche di novembre».
Quasi tutti dicono al Cairo che la democratizzazione è ormai inarrestabile, non concorda?
«In questi processi non vi è nulla di automatico o di inarrestabile, in nessun posto. Solo la determinazione, la vigilanza costante di cittadini, leader politici e comunità internazionale faranno sì che il processo non si afflosci».
Teme una stretta da parte del raìs?
«Mi sembra davvero troppo tardi, troppi riflettori sono stati puntati all'interno e all'estero: se non si spegneranno si andrà avanti. E oltre alla rabbia di moltissimi per le irregolarità del voto, nell'ultimo periodo in Egitto sono successe cose mai viste e nemmeno sperate. Manifestazioni elettorali in genere non represse, giornali apertamente critici del raìs in persona, perfino un risveglio dell'intellighentia egiziana da tempo in torpore».
Quale sarà il prossimo test, oltre alle politiche tra due mesi?
«Vedere se Mubarak si sentirà "impegnato/costretto" a tenere fede alle promesse sulle riforme, a partire da quella delle leggi d'emergenza che vietano gran parte dell'attività politica. Se i giudici continueranno la loro lotta per l'autonomia. Se ci sarà un processo limpido ad Ayman Nour (secondo nelle presidenziali, accusato a inizio anno di frode, ndr). Se noi stessi renderemo chiaro che le passate elezioni solo come il primo di altri passi positivi verso un genuino sistema democratico».
Non è possibile che un'apertura porti all'emergere di forze radicali islamiche in Egitto?
«Non lo credo affatto: come in Afghanistan, io vedo ogni giorno che la teocrazia islamista non è più, se mai lo è stata, un riferimento per nessuno. Ieri ero a Kandahar, quartiere generale dei talebani dal 1996 al 2001, e in nessuno dei tanti candidati che ho incontrato, di qualunque tendenza, ho riscontrato nostalgia di quel sistema e quel periodo. In particolare le candidate donne mi sono sembrate così determinate. Se guardo a questa fotografia dell'Afghanistan di oggi e ricordo quella del 1997... mi emoziono a pensare quanto si può cambiare in così poco tempo».
Anche per l'Afghanistan non teme passi indietro?
«Se il sostegno della comunità internazionale e nostra di europei, non continuerà in modo deciso ma anche rigoroso tutto può tornare nel caos, anche per le influenze di Pakistan e Iran. Ma come ha scritto il principe saudita Talal pochi giorni fa la riforma politica è l'antidoto al caos in Medio Oriente, l'unico possibile. Non la strada verso il caos come molti sostengono, da noi e da loro».
Il suo prossimo impegno?
«L'appuntamento su cui con la Ong "Non c'è pace senza giustizia" lavoriamo da mesi: un'importante conferenza governativa e non, sui processi politici e sugli spazi democratici che sotto la leadership di Italia, Turchia e Yemen si terrà a inizio ottobre in Marocco. Non avrà elementi sexy da grandi titoli ma spero che il ministro Fini non manchi all'appuntamento e che finalmente tutti ci si renda conto che i "processi" hanno un'indispensabile parte construens, magari non sensazionale ma imprescindibile».

Cecilia Zecchinelli

Data: 
Sabato, 10 September, 2005
Autore: 
Fonte: 
Il Corriere della Sera
Stampa e regime: 
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