di Andrea Cangini
ROMA — Dopo aver contribuito in maniera decisiva a introdurre in Italia il bipolarismo e dopo un decennio di fiero isolamento che gli ha impedito di superare la soglia di sbarramento del 4% e di eleggere pertanto anche un solo deputato, i Radicali sono prossimi ad allearsi con lo Sdi di Boselli e dunque con l’Unione prodiana. Una scelta epocale. Che però Benedetto Della Vedova (nella foto LaPresse), membro della Direzione del Pr, non condivide.
Qual è il problema?
«Il problema è che c’è stata un’accelerazione fino a poco tempo fa imprevedibile».
Nel senso?
«Beh, nell’assemblea che tenemmo dopo il risultato del referendum sulla procreazione assistita, io fui l’unico a sostenere che non aveva senso rimanere fuori dalle istituzioni e che pertanto dovevamo accettare il gioco delle alleanze...».
Gli altri che dissero?
«Pannella mi aggredì perché sostenni che avevamo ecceduto con l’anticlericalismo. ‘Parli come Rutelli’, mi disse con tono sprezzante».
E la Bonino?
«La Bonino fu ancora più dura, disse che se il partito avesse deciso di stringere un’alleanza con uno dei due poli, lei se ne sarebbe andata».
Evidentemente, hanno cambiato idea.
«Evidentemente, e la cosa mi fa piacere. Contesto, però, la scelta di unirci al centrosinistra».
La contesta dal punto di vista liberal-liberista?
«Certo. Intendiamoci: non mi sfugge il fatto che Berlusconi non è la Thatcher, ma, per capirci, il centrosinistra vorrebbe persino abolire la legge Biagi. Dal punto di vista delle grandi scelte di politica economica ed estera, è evidente che siamo più in sintonia con la Cdl che con l’Unione».
Dal punto di vista dei diritti e delle libertà, però…
«Intanto, Prodi non è Zapatero. Ma, se anche lo fosse, Rutelli e gli altri centristi dell’Unione bloccherebbero ogni sua eventuale iniziativa».
E’ quel che dall’altra parte farebbero Pera, Buttiglione, Giovanardi…
«D’accordo, ma io non credo che per essere liberali bisogna essere anticlericali, così come non sento alcun bisogno di enfatizzare il ruolo della Chiesa nel presente».
Andiamo al sodo. Se Pannella sceglie Prodi, lei che fa: organizza una scissione?
«Ho il senso della misura e capisco che dov’è Pannella, lì è il Partito Radicale».
Ma?
«Ma per me la scelta radicale dev’essere quella del centrodestra».
In caso contrario?
«Non credo che potrò rinunciare alle mie idee».
Si dice che Berlusconi le abbia già offerto la candidatura e che, grazie a lei e a Taradash, vorrebbe creare una lista pseudo-radicale di appoggio alla Cdl…
«Il discorso è ancora prematuro. Ne discuteremo quando si sarà chiarita la scelta del partito».
Non rischia di ritrovarsi da solo?
«So che in molti stanno facendo le mie stesse riflessioni, anche se, ad oggi, sono l’unico ad uscire allo scoperto. Ma sul territorio, al di fuori del nocciolo duro della dirigenza radicale, c’è molta perplessità verso l’orientamento di Pannella».
Eppure, per una volta Pannella si dimostra pragmatico: va con chi si ritiene che vincerà.
«Sì, ed è ragionevole che, oltre alle considerazioni politiche, abbia pensato anche a questo. Marco non ha mai messo in secondo piano la questione delle risorse e, dal momento che i conti del partito sono pessimi, eleggere un deputato in più o in meno fa la differenza».