Coloro che hanno favorito e diffuso l’invito all’astensionismo ai recenti referenda dovrebbero riflettere sulla percentuale di votanti recatisi alle urne per le suppletive nei due collegi in cui si è votato, a Roma e in Calabria. Le cifre sono lì a testimoniare la grave lesione per la democrazia e per la partecipazione popolare che una sciocca campagna per il non voto ha provocato.
Purtroppo, pochi si rendono conto che nell’appello all’astensione vi è, per così dire, una sorta di meccanismo di autodissoluzione del sistema politico che distrugge il fondamento di legittimità del sistema parlamentare.
Non è che gli esponenti politici possono scegliere dicendo di andare a votare quando si tratta di conferire la delega parlamentare e di non andare quando si esercita direttamente un giudizio. L’invito a non votare è sempre irreversibile e può essere motivato, a parte la stupidità, o perché si sogna una società anarchica, o dall’indifferenza di una classe politica verso i valori del popolo: libertà, giustizia, progresso. Nessuno se n’è accorto che si votava per eleggere due parlamentari, eppure si trattava di investire due cittadini di una carica legislativa importante, a meno che non si pensi che siamo ritornati ai tempi in cui ai cittadini era sequestrato il diritto di leggere e di interpretare alcuni testi o di partecipare all’esclusivo circolo chiuso, allora, in quel caso viene meno e diventa inutile anche la richiesta, che un cittadino esige a tutti i costi, del senso di responsabilità della classe politica verso le istituzioni.
Gianfranco Leonarduzzi
Comitato nazionale
Radicali italiani