di GIANNI RIOTTA
Forse due miliardi di esseri umani hanno applaudito il festival rock Live 8, ascoltando le nuove stelle Coldplay, riascoltando l’eterno Bocelli e commuovendosi per i mitici Pink Floyd. Ma pochissimi telespettatori dell’evento, che ambiva a rompere i record di audience, vivono in Africa. Il continente povero era concentrato ieri, nelle megalopoli e nelle lande di desolazione, dai campi fertili alle zone di guerriglia, nell’arte quotidiana della sopravvivenza . Abdul-Raheem Tajudeen, editorialista del quotidiano Guardian in Tanzania, coglieva bene la contraddizione: i Paesi ricchi fanno musica per l´Africa, che non può ascoltare, c´è odore di paternalismo e consumismo, ma come denunciarli se poi, ogni giorno, ci si lagna del silenzio, dell´indifferenza e del cinismo che incombono sul grande Continente? Entusiasta per 24 ore globali di buona volontà, dal Circo Massimo al Giappone, chi si occupa seriamente di Africa e sviluppo torna a ragionare. Il rock ha portato l´Africa sulle prime pagine e i teleschermi del mondo, evviva il rock! Ma illudersi che rock e aiuti, lo schioccare delle dita di Sir Bob Geldof, che ci ricorda i bambini stroncati dalla fame ogni due secondi, bastino non a risolvere, ma anche solo a far progredire di un passo l´Africa è un sogno.
Per realizzare la mole della tragedia in corso lettrici e lettori meditino: la recente campagna per cancellare il debito dei Paesi poveri ha coinvolto le star, da Bono degli U2 a Jovanotti, ha avuto come profeta Papa Giovanni Paolo II e persuaso l´Onu, Clinton e Tony Blair. Dopo decenni di negoziati, le nazioni del G8, che si riuniranno in Scozia la prossima settimana, hanno concordato di estinguere il debito dei Paesi miserrimi dell´Africa subsahariana fino a 840 milioni di euro l´anno. E´ bastato però l´aumento del prezzo del petrolio per annullare il sollievo del debito cancellato. La bolletta petrolifera costerà adesso ai Paesi infelici 9 miliardi di euro l´anno in più, riaprendo le sabbie mobili dell´indebitamento.
Concedere aiuti con l´arroganza infastidita non solo non contribuisce allo sviluppo dell´Africa ma può perpetuare la miseria. Il professor Jagdish Bhagwati e l´economista Fredrik Erixon ce lo ricordano: spesso elargire danaro a pioggia a Stati falliti, dittatori corrotti, burocrazie clientelari, serve solo a prolungare carestie e pandemie. Il Botswana, Paese che ha ricevuto relativamente pochi fondi ma ha seguito politiche di riforma eque, con una classe dirigente adeguata, gode oggi di un reddito a persona di 6.600 euro l´anno, contro i 50 centesimi al giorno di Paesi limitrofi.
Ha allora torto chi, come lo studioso Jeffrey Sachs, continua a elaborare piani per lo sviluppo? E le rockstar del Live8, cantano sulla tolda fracassona di una nave che affonda? Sarebbe ingeneroso dirlo. E´ però il momento, per chi ha davvero a cuore le sorti dell´ultimo Continente, dove l´Homo Sapiens convive con la natura, di ragionare sulle cause profonde di fame ed epidemie. Il leggendario Nelson Mandela ha chiamato a raccolta le coscienze con il suo grido al Live8: la miseria è prodotta dall´uomo. Vero. Le tragedie del colonialismo, con i dodici milioni di morti che il Re del Belgio fece in Congo, sono olocausto indimenticabile, ma non giustificano le stragi di Mugabe in Zimbabwe o gli orrori del Congo, lacerato dalla cupidigia.
Tocca ai leader migliori dell´Africa non cadere nell´omertà post-coloniale, coprendo despoti crudeli, ma usare della verità come innesco allo sviluppo. Il Premio Nobel Wole Soyinka predica questa necessità da anni. Come per le epidemie la prevenzione è meno costosa e più efficace delle cure, così nello sviluppo di politiche raziocinanti, che educhino le madri, diffondano mestieri e tecnologie, combattano l´Aids (e le chiese possono dare qui un contributo, in spirito cristiano, non farisaico), usino Internet per ridurre le distanze immense, si curino degli orfani, fermino i massacri dal Darfur alla Costa d´Avorio senza egoismi ottocenteschi, possono far germogliare in Africa lo sviluppo che, in India e Cina, ha portato in una generazione oltre un miliardo di esseri umani dalla fame al benessere.
Spenti i riflettori Live8, sull´Africa incombono, grevi, le tre cifre capestro del nostro Millennio: spendiamo 900 miliardi ogni anno in armamenti, 350 in sussidi all´agricoltura nei Paesi ricchi e diamo una mancia di 50 miliardi agli aiuti. Siamo i paladini del mercato globale, quando ci conviene, ma diventiamo protezionisti ultras per tenere lontani i prodotti agricoli e il magnifico artigianato tessile dell´Africa. I sussidi europei allo zucchero hanno ridotto alla fame le cooperative delle donne in Senegal. Se gli africani non riducono in fretta corruzione e dispotismo, e noi occidentali non variamo con altrettanta urgenza un programma di sviluppo raziocinante ma non avaro, povertà, epidemie e guerre dilagheranno nel Continente. Ricordo una chiesa cattolica del Malawi, che ho visitato preparando il Progetto Malawi, iniziativa di aiuto delle ong italiane: bambine poverissime, gli abitini scoloriti della festa fradici per la pioggia lungo la pista rossa del villaggio, molte orfane, che al momento delle offerte, traevano ciascuna una monetina dalla tasca e la mettevano compunte nel cestino comune. Non avevano nulla, davano tutto: saremo meno generosi di loro noi, che abbiamo tutto e dobbiamo solo condividere qualcosa?