Ma non scordiamo che un 25 per cento di paese comunque ci ha dato credito e fiducia
di Gualtiero Vecellio
I risultati della consultazione referendaria impongono una accurata riflessione. Tutti noi, i referendari, dobbiamo chiederci come e perché si è arrivati a un così magro risultato. Non più di un anno fa, tutti i sondaggi demoscopici, da nessuno smentiti o messi in discussione, certificavano che la legge 40 sulla procreazione assistita veniva intesa dalla maggioranza di questo paese come una legge punitiva, retrograda oscurantista quale effettivamente è; e che a furor di popolo altro non si chiedeva e domandava se non di abrogarla.
Come mai alla prova dei fatti non è accaduto? La domanda riguarda i radicali, certamente; ma anche le altre forze che i referendum hanno promosso, appoggiato, sostenuto. In nessuna provincia si è raggiunto il quorum: e neppure nel tradizionale "quadrilatero" dove la sinistra è più forte, Emilia Romagna, Marche, Toscana, Marche.
Come mai a Bologna il quorum si è appena sfiorato, ma comunque non si è raggiunto? Semplice disaffezione allo strumento del referendum, oppure si tratta di un tumore, di una metastasi più profonda di cui noi per primi non abbiamo saputo cogliere i sintomi? Ha ragione il sociologo Piergiorgio Corbetta dell'Istituto Cattaneo quando - quattro giorni fa intervistato sul "Manifesto" e ripreso anche da noi, andate a rileggerlo - sostiene che ormai è consolidato un trenta-quaranta per cento di assenteismo per quanto riguarda il referendum, per cui i sostenitori della legge 40 hanno ottenuto il massimo del risultato con il minimo dello sforzo?
Però Corbetta lasciava aperta una porta alla speranza, e con lui anche altri osservatori: il voto femminile, dicevano, poteva essere in grado di ribaltare il risultato annunciato come sfavorevole. Come mai non è scattata la "valanga rosa"? E il mondo cattolico, tutto irreggimentato dietro il cardinale Ruini, oppure la realtà di quella realtà è più complessa, articolata, tormentata? E la "militarizzazione" delle parrocchie, dei parroci, dell'apparato clerical-vaticano, quanto ha inciso e influito?
Le parole d'ordine della campagna referendaria sono state le più efficaci, oppure si sono lasciati inghiottire dalle sabbie mobili di un dibattito tecnico-scientifico da una parte, e politico-politicista dall'altra, che giustamente l'elettorato ha rifiutato con uno sbadiglio? E ora? Non c'è dubbio che la deriva clerical-autoritaria non si fermerà, gli appetiti da soddisfare, le vendette e le rivincite da consumare sono ancora tante. E sul fronte della ricerca scientifica, quali saranno i danni disastrosi che ci attendono? Non c'è il minimo dubbio che saranno molti - e i migliori - i ricercatori che accetteranno di andare a lavorare là, in quei paesi dove si può: dove le leggi lo consentono, dove vengono messi a disposizione mezzi e strutture. Questo impoverimento culturale, scientifico e tecnico cui ci condanna questa legge, che costi umani e non solo umani, comporterà?
Poi i danni, le enormi devastazioni dal punto di vista della legalità: l'informazione negata e distorta, manipolata; le violazioni patenti della legge; le ingerenze gravi delle gerarchie vaticane che hanno violato in modo spudorato e arrogante il Concordato da loro voluto, le più alte cariche istituzionali, presidente del Senato e della Camera che si sono spogliate del loro ruolo super partes, e sono diventati militanti politici; il presidente del Consiglio che in obbedienza al comandamento d'oltretevere neppure è stato libero di dire che non sarebbe andato a votare; il suo antagonista ufficiale che pur andando a votare ha silenziato dibattito, confronto e riflessione sul referendum: cosicché Berlusconi e Prodi sono perfettamente speculari, facce di un'unica medaglia? C'è da organizzare la necessaria resistenza, e occorre individuare mezzi, strumenti, alleati. Per questo è importante l'appuntamento del 17-18-19 giugno all'Hotel Ergife a Roma, all'Assemblea dei Mille, nel corso della quale di queste cose si discuterà.
Un primo fondamentale momento di riflessione. Perché tutti abbiamo bisogno di comprendere il come e il perché. C'è un 25 per cento di paese che comunque ci ha dato credito e fiducia, ed è andato a votare secondo il dettame della sua coscienza.
Da quel 25 per cento occorre ripartire, e avviare un dibattito, un confronto e una riflessione che sarà certamente lunga, e non scontata. Perché ora più che mai tutti noi abbiamo bisogno di comprendere il come e il perché di quanto è accaduto.
Insomma: Houston, qui c'è un problema.