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«Usiamo gli embrioni congelati per la ricerca»

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Primo parere dell'Accademia dei Lincei sulle cellule staminali. E' scontro tra scienziati: siete come Hitler

ROMA - Un sì condizionato all'uso di embrioni sovrannumerari, frutto della fecondazione artificiale. Potranno essere oggetto di ricerca purché ci si limiti a quelli già congelati e «attualmente esistenti», donati ai laboratori secondo condizioni «severe, controllate e protette da abusi» stabilite dal Parlamento. L'Accademia dei Lincei è riuscita ad arrivare a un compromesso in una materia dove di solito non se ne trovano. Ieri l'assemblea della prestigiosa istituzione scientifica, pur fra voci dissenzienti (è volato un «nazisti!»), è riuscita a maggioranza a licenziare il suo primo parere sulle «Ricerche con cellule staminali»: 58 sì, 8 no, 14 astenuti. Il documento arriva a circa un mese e mezzo dal referendum sulla procreazione medicalmente assistita. Si chiederà agli italiani se vogliono abrogare o lasciare intatte alcune parti della legge sulla provetta. Uno dei quesiti riguarda proprio il destino degli ovociti fecondati che le coppie non hanno intenzione di sfruttare per fare bambini e lasciano per sempre nel congelatore. Non è un caso che la posizione dei «cervelli» dei Lincei ottenga il via libera proprio adesso, annunciata con procedura inconsueta con un comunicato stampa. Anche se il presidente Giovanni Conso, che ieri ha lasciato il coordinamento dell'assemblea al vice Lamberto Maffei, preferirebbe che le due circostanze non vengano messe automaticamente in collegamento.
La mozione è arrivata all'esame definitivo dopo una bocciatura, ricevuta due mesi fa. I Lincei si spaccarono, una parte nettamente contraria a ogni tipo di intervento sugli embrioni, come fonte di staminali. Sull'altra sponda i sostenitori della libertà di ricerca di base. Le ragioni di ambedue i partiti sono state condensate in una nuova versione del parere, elaborato da una Commissione di bioetica presieduta dal giurista Pietro Rescigno.

Per l'Accademia «esistono valide ragioni per rimuovere i divieti sull'uso di cellule staminali embrionali congelati». Si fa presente infatti che si tratta di entità destinate all'eliminazione mentre invece potrebbero essere sfruttate per dare una risposta terapeutica a tante malattie oggi senza soluzione. Inoltre si ricorda che «un rigido divieto alla sperimentazione è in contrasto con leggi in vigore in Italia. Una è quella che consente di interrompere una gravidanza entro tre mesi dal concepimento. La seconda che consente la vendita della pillola del giorno dopo capace di produrre effetti analoghi rispetto a possibili concepimenti avvenuti fino a 72 ore prima». Infine il richiamo alla convenzione di Oviedo che «non vieta la produzione di embrioni a fini fecondativi e il loro uso a fine di ricerca di base nel caso questo fine fecondativo divenga superfluo».

In conclusione l'Accademia si augura che «sia evitata la perdita o l'eliminazione, invece dell'utilizzo, degli embrioni sovrannumerari congelati attualmente esistenti e che il Parlamento approvi rapidamente leggi che consentano, in condizioni severe, controllate e protette da abusi, la donazione. Verranno in tal modo accresciute le conoscenze scientifiche e alleviate le gravi sofferenze prodotte da malattie degenerative». In pratica la ricerca dovrà riguardare solo gli ovociti congelati che già esistono, donati dalle coppie cui appartengono. Ha creato non pochi problemi proprio questo passaggio «attualmente esistenti». Espressione che Giuseppe Zerbi, ordinario di Scienze e tecnologia dei materiali al Politecnico di Milano giudica ambigua: «Ho votato no a un documento blindato, uguale nella sostanza al precedente. Si presta a un'interpretazione confusa, non specifica che non devono essere creati nuovi embrioni da donare ai laboratori. Sono favorevole alla legge sulla fecondazione, al referendum esprimerò il no».

In un editoriale comparso sul mensile Le Scienze , il chimico di Bologna Vincenzo Balzani, ieri assente, chiarisce: «Insostenibile dire che non si debbano porre limiti alla ricerca di base. La libertà di quest'ultima è un valore da salvaguardare, ma non è l'unico valore della società civile. Quando entra in conflitto con altri valori limitare la ricerca di base non deve scandalizzare». Gioisce in cuor suo Enrico Alleva, il più giovane dei Lincei, 52 anni, biologo del comportamento all'Istituto superiore di sanità. Ha probabilmente votato sì, ma non si esprime «per rispetto ai soci anziani». Poche settimane fa, sempre in un articolo su Science , faceva notare come in Italia, c on tutte queste spaccature laici-cattolici, si rischia di perdere di vista il giudizio tecnico e di farsi guidare solo da ideologie.

Margherita De Bac

Data: 
Sabato, 23 April, 2005
Autore: 
Fonte: 
Il Corriere della Sera
Stampa e regime: 
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