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«Sì alla clemenza. E serve chiarezza o ci saranno rivolte»

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Il presidente del Tribunale di sorveglianza di Milano: le illusioni potrebbero provocare ricadute terribili nelle carceri

MILANO - Un sì esplicito e convinto: «Favorevole all'amnistia». Ma anche, e persino più forte, una paura: «Alimentare aspettative, per poi deluderle, potrebbe provocare nelle carceri ricadute terribili». Francesco Castellano, presidente del processo Sme a Berlusconi, è stato appena nominato dal Csm presidente del Tribunale di sorveglianza di Milano. Accetta di parlare, a titolo non personale ma dell'ufficio che, competente su 6600 detenuti di 13 istituti lombardi, è il più grande d'Italia.
Pannella rilancia l'amnistia sulla scorta dell'appello del Papa del 2002.
«Io e i miei colleghi siamo tutti favorevoli a un provvedimento di clemenza per i reati cosiddetti bagatellari, sullo schema del provvedimento del '90».
In concreto?
«Amnistia per i reati con pene massime fino a quattro anni, e concessione di un indulto non superiore a due anni effettivi».
Perché siete favorevoli?
«Tarate per la metà dei detenuti che ospitano, abbiamo carceri che scoppiano. A Milano, San Vittore è nella situazione di anni fa, sebbene intanto siano state costruite due nuove carceri a Opera e Bollate. I detenuti aumentano, i problemi del personale persistono, siamo ai limiti dei numeri: un provvedimento di clemenza decongestionerebbe le carceri».
Amnistia come valvola di sfogo?
«Non è che il sistema non regga, con grande spirito di sacrificio i Tribunali di Sorveglianza riescono a evadere le molte istanze dei detenuti. Ma, certo, vedremmo ridursi del 50% il carico di lavoro. Specie per quello che riguarda i condannati liberi e le loro richieste di sospensione delle pene fino a tre anni».
I liberi? Ma non è in contraddizione?
«No, perché si otterrebbe un secondo effetto, quello di potersi occupare più e meglio del reinserimento dei detenuti».
Da destra si obietta: dove va a finire la certezza della pena? La sinistra teme: senza riforme, presto tutto come prima.
«Sono valutazioni che in teoria non fanno una piega e sono tutte legittime. Si tratta di scelte che spettano alla politica. A me pare che, in occasione di determinati eventi nella storia della Repubblica (come l'approssimarsi del cinquantenario della Costituzione), e dopo la morte del Papa che tanto ebbe a perorare un provvedimento di clemenza per i detenuti, forse la classe politica potrebbe liberamente valutare se adottarlo o meno. Tanto più visto il fallimento dell'indultino (qui a Milano solo 185 istanze accoglibili su 1459 presentate). Un errore da non rifare».
In che senso?
«Se non c'è una volon tà concreta e comune di discutere davvero un provvedimento di clemenza, allora è molto meglio smettere subito di parlarne. Alimentare aspettative e poi deluderle, non intralcia solo il lavoro dei Tribunali di sorveglianza: soprattutto, si scherza sulla pelle dei detenuti. Con tutte le ricadute possibili. Anche terribili. Come una stagione di rivolte».

Luigi Ferrarella

Data: 
Lunedì, 11 April, 2005
Autore: 
Fonte: 
Il Corriere della Sera
Stampa e regime: 
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