Gli avvocati fanno sapere che il prigioniero «sta male e piange pensando alle difficoltà della famiglia»
Il ministro dirà ai giudici di Bagdad che l'ex braccio destro di Saddam «era un moderato e cercò di evitare due guerre»
Stanco, depresso. Pas-;a la giornata a piangere, infagottato in una tuta la ginnastica con i panta-loni infilati dentro i calzili. Così lo descrive in que-sti giorni il suo avvocato. 3 dire che per anni Ta-rek Aziz è stato il «volto presentabile» del regime di Saddam, quello che girava il mondo in gessato. Prima da ministro degli Esteri, poi come vicepremier, era sempre lui l'ulti-ma carta da giocare quando il raìs si rendeva conto che la pazienza della comunità internazionale stava per esaurirsi. Chi non ricorda la sua ultima missione italiana quando, a febbraio 2003, alla vigilia dell'intervento americano in Iraq, lui, cristiano caldeo (sua madre lo volle chiamare Mi-chael, proprio come l'arcangelo, ma lui, per far carriera, si arabizzò il nome in Tarek), si inginocchiò nella Basilica di Assisi pregando per la pace e per «il presidente Saddam, che ama il suo popolo come un buon padre di famiglia»?
Da lì a poche settimane, l'asso nella manica di Saddam sarebbe diventato l'8 di picche nel mazzo dei «most wanted» americani. E di quel mazzo sarebbe stata una delle prime carte a cadere: abile manovratore anche nei momenti più difficili, pare abbia trattato la sua resa. Da allora ? sono passati due anni ? è in carcere, in attesa di processo. Stanco, depresso, dice il suo avvocato. Ma proprio ieri sera è arrivata da Roma (e forse già al suo orecchio) una notizia che potrebbe risollevargli il morale. Rocco Buttiglione è pronto a testimoniare a sua favore in aula. Il ministro degli Affari europei ha detto che comparirà in qualità di persona che ha conosciuto l'ex vicepremier.
«E' disposto ad andare al processo per testimoniare il ruolo di moderazione avuto da Tarek Aziz nei confronti di Saddam Hussein e gli sforzi da lui fatti per evitare le due guerre in Iraq: quella del 1991 e quella del 2003», ha dichiarato un portavoce del ministro.
Buttiglione è un cattolico praticante e un amico personale del Papa che a febbraio 2003 ricevette Aziz in Vaticano in un estremo, disperato tentativo di evitare il conflitto. In quella circostanza, il ministro Udc aveva rinunciato all'ultimo momento a stringergli la mano: contrario alla guerra, sì, ma anche fedele alleato del governo Berlusco-ni, fin da allora schierato dalla parte del diritto alla guerra preventiva rivendicato da Washington per un intervento armato in Iraq. Sarebbero stati i legali di Aziz a chiedere a Buttiglione la sua testimonianza al processo. E il ministro ha accettato. Secondo quanto si è appreso, Buttiglione avrebbe avuto rapporti con Tarek Aziz nell'ambito degli incarichi ricoperti come eu-roparlamentare. Nei suoi lunghi anni come capo della diplomazia irachena, Aziz ha incontrato molti leader politici. In occasione di quel suo ultimo viaggio in Italia a febbraio 2003, lo stesso presidente della Regione Lombardia Roberto For-migoni (di recente chiamato in causa per lo scandalo Oil-for-food) volò a Roma per pranzare con lui.
Oggi Tarek Aziz, 69 anni, è accusato di crimini di guerra e contro l'umanità. E questa volta sarà difficile che se la cavi con la famosa battuta con cui, quando era ancora in sella, rispose alle accuse di massacri che venivano mosse al regime iracheno: «Ma se non abbiamo avvelenato neanche un uccellino».
Orsola Riva