Alice intervista la parlamentare europea: "Su quella TV qualunque cosa non araba è definita con i termini di "macellaio", "macelleria" ecc. Una simpatica signora marocchina spieghi alle mussulmane che si può anche essere laiche".
Onorevole Bonino, cosa significa, oggi, occuparsi di diritti umani?
Innanzitutto significa ogni volta sforzarsi di togliere a chi se ne occupa, in Italia e fuori dall'Italia, l'atmosfera di esotico. Ogni volta cerco di far comprendere quanto sia "nel nostro interesse", oltre che nel "loro", una promozione dei diritti umani e civili. Disraeli ha detto che gli Stati non hanno valori, ma solo interessi... i nostri rapporti internazionali sono indispensabili: per gli scambi economici, per le questioni geo- strategiche ecc. Noi vogliamo fare in modo che questi rapporti di interesse tengano anche in conto il criterio della promozione dei diritti umani, civili e politici.
Niente di nuovo, direi?
No, è una grande novità, perché, finora, non è mai stato così. La stessa Carta dei diritti civili e politici, quella accertata a livello internazionale, è un documento, in termini storici, giovane. Ha solo 50 anni.
In che senso i diritti umani sono anche diritti politici?
Spesso, quando si parla di diritti umani, ci si limita al diritto a vivere e mangiare, in sostanza alla sopravvivenza dell'individuo. Anche questo, ovviamente. Ma la Carta, dall'articolo 21 in poi, definisce una serie di diritti civili e politici che vanno ben oltre la semplice sopravvivenza.
Ad esempio quali?
E' considerato diritto umano fondamentale la possibilità di scegliere, per via elettorale, da chi essere governato. C'è poi il diritto all'educazione o il diritto all'esercizio delle proprie opinioni. Una volta si pensava che in Africa, per esempio, la gente fosse troppo povera o troppo analfabeta per andare a votare. Ma quando, invece, si à la possibilità di votare a poveri ed analfabeti, normalmente succede che questi sappiano scegliere. D'altra parte neppure noi italiani uscivamo da Harvard al tempo delle prime elezioni! Bisogna fare tabula rasa di tutta questa serie di pregiudizi.
In che modo questa questione tocca il democratico Occidente?
Promuovere i diritti umani civili e politici, all'interno dei rapporti internazionali, conviene all'Occidente. Ci conviene perché, ad esempio, invece di avere così paura e di non saper gestire un fenomeno (recente in Italia) come quello dell'immigrazione, forse potremmo meglio capirlo ed inventare una politica per governarlo. Promuovere lo sviluppo umano ed economico non elimina certi fenomeni, ma aiuta a governarli. E promuovere diritti umani, secondo l'approccio che ritengo più giusto, significa farlo tenendo presente anche gli interessi economici. Non sono così ingenua da pensare che non si debbano avere relazioni se non con le democrazie. Se questo fosse il punto di partenza potremmo smettere pure di commerciare tra noi Europei! Non penso che laddove i diritti siano violati si debbano rompere i rapporti diplomatici. Li rompiamo anche a casa nostra, visto che il nostro Paese, almeno in termini giudiziari, due anni fa, è stato condannato dalla Corte Europea di Giustizia per violazione dei diritti processuali per la lunghezza dei processi?
In concreto: come promuovete i diritti umani?
Attraverso tutta una serie di campagne che sembrano separate tra loro, ma invece hanno il comune filo conduttore che ho evidenziato. Perché un elemento fondamentale della nostra azione politica, come Radicali, è sempre stato quello di sostenere chi, già in loco, dice e fa ciò che noi stessi promuoviamo. Non si tratta di esportare e non si tratta di imporre. Se ci battiamo contro le mutilazioni genitali femminili lo facciamo anche perché da vent'anni esistono in loco gruppi coraggiosissimi e determinati che cercano di fermare questa atrocità, ma che non sono sostenuti ne' finanziariamente ne' attraverso relazioni politiche. Stessa cosa riguardo alla moratoria contro la pena di morte: dalla Cina agli Stati Uniti il problema è sostenere chi è sul posto e da tempo si batte.
E riguardo al mondo arabo, che lei conosce bene, cosa dice?
Sono convinta che se nel mondo arabo si riuscissero a promuovere davvero i diritti ed i doveri delle donne, risolveremmo, senza dubbio, uno dei problemi principali che hanno, ovvero l'esplosione demografica. Questi sono Paesi con una crescita del 3-5%, ma che non hanno crescita economica. La loro aspirazione è, quindi, andare in altri Paesi che offrono migliori prospettive per sé e per la propria famiglia. Abitano in Egitto, in Giordania, ma sognano (escludendo i fanatici) di vivere in Occidente. In più la nostra televisione mostra loro ogni ben di Dio. Ed è significativo che un anno dopo l'installazione del satellitare Rai in Tunisia, questa abbia diretto maggiormente il flusso migratorio verso l'Italia. Io penso che una delle cose migliori che potremmo fare sia procurarci degli spazi di Al Jazeera e mandarci gli arabi democratici.
Perché?
Perché Al Jazeera è una rete straordinaria dal punto di vista professionale. Dal punto di vista informativo ha un'agenda politica molto chiara, nella quale qualunque attentatore, se è di nazionalità araba, è chiamato "martire", con una connotazione sempre positiva. Qualunque altra cosa non araba, e soprattutto israeliana, è definita con i termini di "macellaio", "macelleria" ecc. Mi sono messa a parlare l'arabo perché mentre gran parte del mondo arabo musulmano legge, ascolta, capisce ciò che viene dall'Occidente, e quindi lo conosce, noi, di loro, non capiamo e non conosciamo quasi nulla. E succede che moltissimi dei loro leader quando parlano in inglese dicono una cosa, quando parlano in arabo ne dicono un'altra. Ecco perché l'Unione Europea dovrebbe comprare degli spazi su Al Jazeera, mandarci una simpatica signora marocchina che spieghi alle donne arabe che si può essere musulmane, ma che si può essere anche laiche.
di Carlotta Sisti