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Referendum ammissibili

Testo: 


UN CONVEGNO SULLA FECONDAZIONE ASSISTITA

di Michele Ainis

Cinque anni fa ci trovavamo - come oggi - alla vigilia di un'importante scadenza referendaria. Venne imbastita - come oggi - un'occasione d'incontro e riflessione congiunta della cultura costituzionalistica italiana. E in quell'occasione Vincenzo Caianiello invitò a diffidare delle riforme costituzionali in grande stile, per tornare alla Costituzione scritta, per valorizzarne il senso. Da quell'insegnamento si può oggi trarre una triplice premessa.

Primo. Nel modello costituzionale il referendum è la regola, l'inammissibilità costituisce l'eccezione. Tutto l'opposto di ciò che è poi avvenuto in seguito, dato che dagli anni Settanta in poi il solo partito radicale ha promosso 89 iniziative referendarie e se ne è viste respingere dalla Corte costituzionale 45, più della metà. Tutto l'opposto - bisogna inoltre aggiungere - di quanto accade nelle altre grandi democrazie contemporanee, dove l'appello al popolo costituisce un dato fisiologico, una normale cadenza della vita politica.

Lo scorso 2 novembre 120 milioni di americani hanno rieletto Bush come loro presidente; ma nello stesso giorno hanno anche votato 163 proposte referendarie in 34 Stati. E fra i temi sul tappeto campeggiava la libertà di ricerca sugli embrioni, approvata a larga maggioranza dagli elettori della California; né più né meno di quanto hanno poi deciso il 28 novembre gli elettori svizzeri, licenziando con il 66,4% dei voti favorevoli un referendum del medesimo tenore. Secondo. Da ciò deriva che i limiti al referendum sanciti dall'art. 75 Cost. (le leggi tributarie, quelle di amnistia, il rispetto dei trattati internazionali) devono intendersi di stretta interpretazione, e sono dunque insuscettibili di applicazione analogica al di fuori dei casi testualmente previsti, per una serie di ragioni.

Per il linguaggio adoperato dai costituenti, poiché l'art. 75 Cost. - a differenza di quasi tutte le altre norme costituzionali - non ricorre a espressioni indeterminate o a "concetti valvola", ma individua in modo univoco e preciso le fattispecie sottratte a referendum. Perché le leggi richiamate dall'art. 75 Cost. compongono un elenco particolarmente circoscritto, ancora una volta a differenza di altre disposizioni costituzionali inclusive o preclusive, com'è ad esempio quella contenuta nell'art. 72, comma 4, Cost. Per ragioni generali e sistematiche, derivanti dalla collocazione del referendum nel sistema delle fonti e dal suo legame con il principio della sovranità popolare, di cui costituisce un'espressione tra le più significative, ed anzi forse la maggiore.

Quest'ultimo punto merita una sottolineatura. Sia la Cassazione che il Consiglio di Stato hanno sancito a più riprese l'esistenza di un diritto costituzionalmente garantito in capo ai promotori di referendum regionali. A sua volta la Corte costituzionale ha riconosciuto la qualità di potere dello Stato al comitato promotore. La stessa Corte ha circoscritto l'attività parlamentare nelle more d'una consultazione popolare, limitandone il raggio d'escursione alle sole leggi che riflettano l'oggetto della richiesta referendaria.

Più in generale, dal tessuto costituzionale si ricava un favor verso il referendum, come strumento di democrazia diretta a valenza antagonista e di controllo rispetto alle decisioni della maggioranza di governo; ed è appena il caso d'osservare che tale valenza si rafforza nell'epoca del maggioritario, perché i sistemi maggioritari tolgono giocoforza spazio all'azione delle minoranze in Parlamento, e perché dunque essi sono sempre esposti ai rischi di una "dittatura della maggioranza". Insomma, la seconda scheda oggi pesa non meno della prima: è un antidoto, un anticorpo contro i pericoli della democrazia maggioritaria.

Terzo. Sennonché sul modello costituzionale, e sulle ragioni che qui e oggi lo rendono quantomai cogente, si è poi innestata una giurisprudenza costituzionale ondivaga ed incerta, spesso contraddittoria, e dunque sostanzialmente imprevedibile nei suoi singoli sviluppi; ciò che peraltro viene ormai riconosciuto da tutta la dottrina costituzionalistica, senza eccezione alcuna. Conviene allora dirlo con chiarezza: il prossimo giudizio di ammissibilità offre alla Corte un'occasione irripetibile per mettere ordine nella sua giurisprudenza, per restituirle un qualche grado di certezza.

Anche perché il quesito d'abrogazione totale della legge 40 segna un ritorno alle origini della vicenda referendaria, sposta le lancette del nostro orologio costituzionale al 1974, quando gli italiani votarono il referendum sul divorzio, sull'intera legge che regola il divorzio, dopo uno scrutinio di ammissibilità celebrato dalla Corte senza aggiungere altri limiti a quelli posti dai costituenti. Ieri il divorzio, oggi la fecondazione assistita: nell'uno e nell'altro caso un grande dilemma etico, sul quale gli elettori hanno titolo a decidere come e più dei loro rappresentanti in Parlamento.

Data: 
Venerdì, 10 December, 2004
Autore: 
Fonte: 
La Stampa
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