Pannella, vigilia di digiuno tra popcorn e patatine: per fortuna avrò le Gauloises
di MARIO AJELLO
ROMA Per ora, intorno a lui, in una sala dell'Hotel Ergife, ci sono patatine, noccioline, popcorn. Ma fra un po', almeno per lui, non ci sarà più nulla di commestibile. Marco Pannella sta per cominciare lo sciopero della fame («e poi inizierò quello della sete») per la grazia a Sofri ma non soltanto a lui. E per liberare Ciampi da Castelli, che per di più ora attacca il Colle. «E pensare che il guardasigilli, quando ancora non esisteva la Lega, votava radicale», sorride Pannella sfogliando i dispacci d'agenzia che narrano le ultime da via Arenula. Questo invece è l'albergone di via Aurelia e qui - mentre si svolge fino a domenica il comitato politico dei radicali - comincia a mezzanotte l'ultima iniziativa non violenta del nostro eroe.
Adesso è l'ora di cena. Marco mangia. E ironizza: «Non chiamatela l'ultima cena». Fra un po' andrà a pesarsi («lo faccio sempre prima di cominciare i miei scioperi. Al momento valgo centodiciannove chilogrammi») e poi si parte.
E' il digiuno numero venti, numero trenta, numero mille? «Ho perso il conto», dice. «Quando si "cammina sui pezzi di vetro" - dice Capezzone, il giovane segretario radicale, citando la canzone che De Gregori dedicò a Pannella - è difficile non ferirsi». Comunque il professor Santini e la sua equipe, come sempre, anche stavolta seguiranno minuto per minuto il digiuno pannelliano. «Durante lo sciopero della sete - precisa il più titolato seguace italiano di Gandhi - devo farmi le analisi del sangue e delle urine ogni sei ore». Preferisci lo sciopero della fame o quello della sete? «Il secondo, perchè è più veloce», scherza Marco.
Guardi il gigante radicale in tutta la sua stazza; lo osservi nel fisico che ora mette a repentaglio; pensi a lui, e anche a Bossi nel suo letto d'ospedale, e tutti i luoghi comuni snob sulla politica ormai diventata "di plastica" appaiono appunto banalità. Pannella sta spingendo il diritto e le istituzioni - anche la più alta, situata sul Colle - a cimentarsi con un corpo, il suo, oltre che con un problema: quello della grazia e della Costituzione che non può essere presa in ostaggio da un ministro, da un interesse di partito, da un virgola padana in più o in meno alle prossime elezioni. A meno che il leader radicale, già da subito, non receda dall'idea del sacrificio: «Mi arrenderò soltanto in seguito a un gesto che dimostri a tutti che il presidente Ciampi è tornato libero di fare ciò che la Costituzione gli chiede e gli consente di fare».
Già una volta, in questo settennato, Pannella ha rinunciato a bere. Per reclamare l'elezione dei giudici costituzionali che era stata sollecitata dallo stesso Ciampi. In quella occasione il presidente telefonò a Maurizio Costanzo, nello studio di «Buona Domenica», inducendo il leader libertario a concedersi un meritato bicchiere d'acqua fresca. Ora, all'Ergife, Pannella beve un caffè («per fortuna che durante lo sciopero avrò le sigarette, Gauloises senza filtro, a tenermi su») e a due passi da lui Capezzone annuncia in stile Sidney Sonnino: «Torniamo allo Statuto!». «Il problema - spiega Marco - è vedere se Ciampi viene messo di nuovo con le spalle al muro, se quelli della Costituzione materiale s'inventano qualche altro trabocchetto, magari una Boato bis».
Danilo Dolci digiunava a letto, per risparmiare le energie. Pannella, mentre si avvicina l'inizio della nuova avventura, porta il suo corpaccione di qua e di là. Ora a Radio Radicale, ora all'Ergife. Prima ancora (quasi all'alba) è tornato dal carcere di Pisa dove ha visto Sofri. Adesso entra ed esce da riunioni, sembra farne cinque o sei insieme e contemporaneamente ne convoca un'altra: «Ragazzi, si batte la fiacca?». Prende e molla microfoni. Mangia una delle ultime patatine e dice «rischio la vita contro la morte della legge».
Fuma e rifuma ovviamente. Fa i complimenti pubblici e privati a Giuliano Ferrara, il cui «Foglio» uscirà in edizione speciale domenica e lunedì e gli incassi verranno devoluti ai radicali. E chi cerca Marco al telefono, chi tramite telefonino, e-mail, fax, via etere, via cavo. Qualcuno, mentre incombe la mezzanotte, ricorrerebbe perfino ai piccioni viaggiatori pur di inviare a Pannella questo messaggio (anche se non c'è bisogno): «Tieni duro!». Che è la versione italica del «tegn dur», intonato nelle valli brembane per Bossi. Alla faccia della politica plastificata!