di Massimo Teodori
Molti negano che sia in corso, dopo i grandi conflitti mondiali e la Guerra fredda, una quarta guerra mondiale contro il terrorismo. Certo il nuovo scontro planetario, rivelatosi in tutta la sua durezza l'11 settembre 2001, non è così percepibile come i precedenti da parte di un Occidente che apparentemente continua a vivere come se nulla fosse accaduto. Eppure anche durante l'anno che si chiude questa minaccia incombente che si avvale sempre più dello strumento subdolo dei kamikaze suicidi, si è manifestata con una frequenza e un'aggressività senza pari.
In Iraq la guerriglia, che è puro terrorismo che si dirige preferibilmente contro le forze della ricostruzione pacifica - le Nazioni Unite, la Croce Rosse e i carabinieri di Nassiriya -, coagula agenti di Al Queida, residui saddamiti ed altri "guerriglieri santi" della Jihad, tutti uniti per impedire che si consolidi una ordinata vita civile. In Israele puntualmente le bombe umane bloccano ogni tentativo di tregua, di sospensione della spirale di violenza e di ripresa del dialogo. Ovunque nel mondo, da ultimo in Turchia, attentati imprevisti e imprevedibili sconvolgono la vita quotidiana diffondendo il timore di un nemico pronto a colpire in qualsiasi luogo e senza alcuna remora. Dopo più di vent'anni d'attività non solo in Medioriente, il nuovo terrorismo fondamentalista islamico è più che mai un protagonista internazionale all'attacco su tutti i fronti.
Oggi è l'intero Occidente inclusa l'Italia ad essere nel mirino dei terroristi; e sono specialmente i nostri valori civili con la loro carica di modernizzazione ad essere temuti dai fondamentalisti poiché dimostrano quella forza espansiva che è in grado di fare breccia anche nei Paesi extraeuropei. Da questo assedio invisibile noi tutti occidentali con i nostri Paesi e i nostri Stati siamo profondamente condizionati per un doppio ordine di ragioni da cui ormai nessun individuo e nessuna istituzione può prescindere. La sicurezza e la difesa del nostro territorio, delle nostre città e delle nostre strutture importanti impegnano al massimo le risorse di cui disponiamo. Fino a dieci anni fa ci si doveva preoccupare dei missili, dei carri armati, delle truppe e degli aerei nemici e magari delle bombe atomiche. Oggi tutto il sistema di sicurezza deve guardare altrove. Prendete le nostre città in questi giorni. Che siano veri o falsi gli allarmi che sono circolati, che si sia trattato di voci diffuse ad arte o occultate per opportunità, certo è che ci vogliono centinaia di migliaia di agenti di polizia per presidiare capillarmente i gangli vitali del nostro bel Paese e per tutelare in via precauzionale la circolazione normale e turistica nelle piazze e nelle strade più affollate.
Se guardiamo al di là delle nostre frontiere la situazione è ancora più compromessa. I voli dalla Francia per la costa occidentale americana sono sospesi in un giorno cruciale, migliaia di passeggeri sono costretti a bivaccare la note di Natale in un aeroporto. Las Vegas trema. I servizi segreti dei principali Paesi occidentali sono impegnati in una guerra di informazioni e di divergenti interpretazioni. L'acchiappafantasma non è più un film divertente ma una dura realtà che inquieta intere popolazioni imponendo uno stato d'animo collettivo del tutto alterato. Il pericolo terrorista costringe a ripensare concettualmente le nostre abitudini quotidiane e a riorganizzare materialmente gli apparati di sicurezza come in una vera e propria guerra.
Ma c'è un altro aspetto che incide ancor più profondamente sulle nostre vite. E' la necessità per gli Stati democratici di indurire i provvedimenti che regolano le libertà e i diritti individuali. Il dilemma più sicurezza meno libertà, purtroppo, non può essere eluso. Tanto più una società è aperta, trasparente, priva di vincoli burocratici e di vessazioni individuali, tanto più è esposta ai pericoli del terrorismo. Gli Stati Uniti delle Due-Torri insegnano. Anche chi non ritiene che il terrorismo sia quella grande minaccia che è, e non crede che occorra una "guerra" come quella di George W.Bush, deve fare buon viso a cattivo gioco di fronte alle nuove regole che tutti gli Stati occidentali sono costretti a mettere in atto per tutelare i cittadini. I controlli crescono, i movimenti nei grandi snodi collettivi si fanno più faticosi, la tutela della privacy viene infranta, la raccolta dei dati su larga scala si fa essenziale per la prevenzione dell'intelligence, i distinguo sulle provenienze etniche personali sconfinano nel razzismo di Stato, perfino la restrizione personale diviene più discrezionale quindi illiberale. Il terrorismo colpisce così, prima ancora che le nostre vite e le nostre strutture materiali, quel che c'è di più prezioso, i principi liberali che regolano la convivenza civile.
E' questa la grande sfida in cui l'Occidente si trova immerso in questo fine 2003. Combattere il terrorismo senza nascondere la testa sotto la sabbia ma, al tempo stesso, non farsi condizionare dalla sua carica integralista che vuole distruggere la nostra civiltà.