Una deposizione di quattro ore per scagionare gli uomini della scorta. Protesta per la fuga di notizie
Il senatore Colombo ai pm: la uso da un anno e mezzo, per scopo terapeutico
ROMA - «Quella cocaina di Giuseppe Martello era per me». Sei giorni dopo gli arresti per l'inchiesta sul traffico di cocaina tra vip a Roma, che hanno colpito venti persone tra cui l'attrice Serena Grandi, ieri si sono conosciute le dichiarazione rese spontaneamente giovedì scorso di fronte ai pm Capaldo e Lasperanza dal senatore a vita Emilio Colombo.
Intanto, l'operazione «Cleopatra» non si ferma e punta ora, oltre che su Roma, anche su Milano: s'indaga su un giro di prostituzione d'alto bordo nelle agenzie più note di fotomodelle e di hostess. Ieri col deposito delle dichiarazioni del senatore Colombo presso la cancelleria del giudice per le indagini preliminari Luisanna Figliolia è venuta la conferma di quanto era già trapelato quando l'anziano uomo politico si era presentato in Procura per scagionare gli uomini della sua scorta, i finanzieri Rocco Russillo e Stefano Donno, arrestati mercoledì scorso dalla Procura romana.
«La cocaina era per me, sono un assuntore da non molto, non più di un anno, un anno e mezzo - ha affermato il senatore Colombo, nel verbale dell'interrogatorio depositato ieri -. Rocco Russillo e Stefano Donno non sapevano assolutamente nulla, si limitavano a telefonare ma non erano a conoscenza di che cosa si trattasse». Colombo avrebbe anche aggiunto che l'uso di cocaina era «a scopo terapeutico».
Spinto da un evidente debito di riconoscenza nei confronti degli uomini che per tanti anni gli hanno garantito «sicurezza», il senatore Colombo ha spiegato ai magistrati che i due militari della Guardia di finanza che facevano parte della sua scorta non hanno mai preso la cocaina da Giuseppe Martello, l'uomo che nell'inchiesta appare come l'organizzatore principale del traffico di droga negli ambienti vip della capitale, ma che quest'ultimo l'ha sempre consegnata personalmente a lui.
Nel corso della deposizione, durata quattro ore, Emilio Colombo ha anche chiarito ai pm il modo in cui era entrato in contatto con Martello, il faccendiere accusato di associazione a delinquere finalizzata allo spaccio di cocaina e alla prostituzione. «Giuseppe Martello è titolare di un'impresa edile - ha spiegato il senatore -. Mi aveva contattato per ottenere lecitamente dei lavori, degli appalti. Io, però, non l'ho mai aiutato e Martello quei lavori non li ha mai ottenuti».
I difensori di Donno e Russillo, in seguito alla deposizione del senatore, avevano già presentato nei giorni scorsi un'istanza per chiedere che il verbale venisse depositato agli atti. Ieri, il senatore Colombo ha poi diffuso una nota per deprecare come «vergognosa» la diffusione delle sue dichiarazioni ai rappresentanti dell'accusa. Dopo aver ricordato di essersi presentato per un «evidente dovere morale», confidando nella «massima riservatezza degli organi inquirenti», il senatore Colombo, colpito dalla diffusione di ampi stralci delle sue dichiarazioni diffuse dalle agenzie di stampa, «confida che la Procura della Repubblica di Roma voglia indagare e fare luce al più presto su questa inammissibile fuga di notizie».
Sul caso è intervenuto il segretario dei radicali Daniele Capezzone. «Voglio esprimere al senatore a vita Emilio Colombo la mia solidarietà e la mia vicinanza - ha dichiarato ieri Capezzone -. E' semplicemente inqualificabile il fatto che da giorni siano consegnate in pasto alla stampa vicende penalmente non rilevanti che lo riguardano». Capezzone ha anche aggiunto un augurio: «Poiché la buona politica suggerisce sempre di trarre un bene dal male che si ha di fronte, mi auguro che il senatore a vita trovi negli eventi di questi giorni la convinzione per condurre insieme una battaglia: quella contro la criminalizzazione di ogni comportamento o scelta personale che non rechi danno ad altri».
Intanto, sul fronte dell'inchiesta, si registrano i primi ricorsi al Tribunale del riesame per la revoca delle misure cautelari disposte dal gip. Hanno presentato ricorso i difensori di Serena Grandi, del ristoratore Alberto Quinzi, dell'attrice Lyudmila Derkach, del finanziere Stefano Donno, degli imprenditori Francesco Ippolito e Francesco Bonetti. Seguiranno il loro esempio, nelle prossime ore, gli avvocati degli altri arrestati.
Paolo Brogi Rinaldo Frignani