Il deputato europeo Gianfranco Dell'Alba si dice convinto che in questa legislatura la presenza di sette eletti radicali abbia segnato in maniera significativa l'attività dell'intero Parlamento di Strasburgo. "Siamo stati protagonisti di importanti battaglie in difesa delle prerogative degli eletti non iscritti ai gruppi parlamentari (essendo questi ultimi aggregazioni di mera convenienza, messe in piedi solo per ottenere sovvenzioni e strutture di lavoro). Abbiamo sventolato in solitudine la bandiera federalista contro l'aborto costituzionale partorito dalla convenzione di Giscard d'Estaing (a una sommatoria di impotenze nazionali opponiamo infatti il disegno molto più ambizioso di Stati Uniti d'Europa che adottino il modello istituzionale e politico degli Stati Uniti d'America). E ci siamo battuti contro tutti gli antiproibizionismi, sulle droghe così come nel campo della ricerca scientifica. Senza dimenticare che solo grazie a noi si è riusciti a vincere la scommessa ?impossibile' dell'istituzione di un tribunale penale internazionale".
Eppure, nonostante questi successi, non siete riusciti a mantenere - tanto meno a consolidare - lo strepitoso successo elettorale del 1999. Come mai?
E' l'eterna storia radicale. Non abbiamo mai avuto la vocazione al consolidamento dei nostri averi. Siamo un partito di governo dei grandi temi internazionali e proprio per questo preferiamo investire tutto il nostro capitale politico nella campagna per la moratoria universale delle esecuzioni capitali oppure per promuovere un'Organizzazione Mondiale delle Democrazie che sia l'elemento rifondativo delle Nazioni Unite. Certo, potevamo utilizzare il nostro 8,5 per cento in una politica di piccolo cabotaggio che guardasse innanzitutto alle convenienze italiote. Ma ancora una volta abbiamo scelto di renderci irriconoscibili per meglio restare noi stessi: esattamente quello che Pierpaolo Pasolini ci chiese di fare pochi giorni prima di morire.
Le europee sono ormai imminenti. Come pensate di presentarvi a questo appuntamento?
Si tratta di un tipo di elezione che per le sue caratteristiche forse ci appartiene più di altre. E' infatti fuor di dubbio che - rispetto a tutti gli altri - il nostro partito abbia un di più proprio nelle sue battaglie transnazionali così come nel suo progetto di riforma delle Nazioni Unite e della stessa Unione Europea. Temo però che anche stavolta non ci sarà consentito di confrontarci su questi obiettivi al cospetto di vaste platee televisive.
Cosa pensa della proposta di dar vita a un rassemblement elettorale dei laici?
Ogni cinque anni, in maniera ormai quasi rituale, piccole formazioni portatrici di bandiere gloriose cercano inutilmente di mettersi insieme. Ma sono operazioni che regolarmente abortiscono perché in fin dei conti si prospetta solo una mera sommatoria di forze. Ho letto l'intervista di Daniele Capezzone e sono d'accordo con lui: all'unione delle forze laiche va senz'altro preferita l'unione laica delle forze. Essa potrebbe essere di grande interesse soprattutto per quella larga fetta di elettorato deluso e disorientato dall'approssimazione dilettantesca della Casa della Libertà e dell'Ulivo.
In un'operazione del genere quali potrebbero essere i vostri interlocutori?
Chiunque intendesse convergere la propria azione su precisi obiettivi comuni, superando il momento strettamente elettorale. Penso ad esempio che il progetto federalista europeo potrebbe essere il giusto denominatore comune di tutti i liberali che non vogliono arrendersi a istituzioni sovranazionali illiberali e socialburocratiche. Se dico questo non è perché pretendo che Emma Bonino e Marco Pannella incarnino una legittimità superiore rispetto ad altri ma perché ritengo che i radicali siano oggi in grado di proporre un progetto politico a tutto tondo.
Se alla fine vi presenterete da soli, come si chiameranno le vostre liste? Radicali, Lista Bonino o Lista Antiproibizionista?
Abbiamo appena iniziato a discuterne. La mia opinione è che l'antiproibizionismo, pur essendo un connotato fondamentale della nostra politica non possa rappresentare l'insieme di tutte le nostre battaglie. In una competizione così difficile dovremo tenere alte tutte le nostre bandiere, non solo quella più importante.
Vittorio Pezzuto