Chi nella euforia venale degli anni trascorsi pensava che il liberismo avrebbe plasmato il futuro del mondo deve ormai ricredersi. Recessioni, Bin Laden, ristagno della Borsa, fino a qualche mese fa potevano forse bastare per spiegare gli affanni del liberismo. Ma poi troppo è cambiato per considerarli solo degli affanni. In Europa persino i tedeschi, non solo i latini, si ricredono, vogliono disavanzi e investimenti pubblici. E oltre Oceano la ripresa dipende dall'enormità di 455 miliardi di dollari di disavanzo, che farebbero nel 2003 un rapporto al Pil peggiore di quelli europei. Considerando che ancora due anni fa gli Stati Uniti prevedevano un surplus dei conti pubblici di 334 miliardi, il salto ammonta a 789 miliardi di dollari. Pari a circa due terzi il prodotto lordo italiano di un anno.
In Italia l'una volta liberista ministro Tremonti intanto pensa ai dazi. Come li predicava il non liberista Keynes settant'anni fa: «Simpatizzo perciò con quanti ridurrebbero al minimo, invece che con quanti massimizzerebbero gli intrecci economici tra le nazioni... lasciamo che le merci siano fatte in casa nel caso in cui sia ragionevole e convenientemente possibile». E del resto la Cina, che crescerà del 9%, quanto può dirsi liberista, retta come essa è da un partito-Stato? Comunque per uscire dai guai provocati dal crollo di Wall Street non può ora dirsi che nel mondo ci si affidi al liberismo.
Se quello applicato prima era liberismo dunque non solo è andato in crisi ma nessuno si sogna d'usarlo per uscirne. E allora per non ritornare tutti keynesiani resta soltanto una possibilità: dubitare che quello di fine millennio sia stato davvero liberismo.
in effetti, comparando agli eventi, quanto hanno scritto liberisti come Hayek e Bruno Leoni o quelli della scuola di Chicago, il dubbio si giustifica. Nessun liberismo richiedeva che le banche centrali stampassero a profusione moneta, e lasciassero gonfiare una rovinosa bolla speculativa com'è awenuto. Né implicava che monopoli statali venissero trasmutati in monopoli privati coi debiti, alla russa. Nemmeno richiedeva quant'è awenuto in Europa e Argentina: che si rinunciasse alle monete nazionali per un'altra nuova. Anzi, von Hayek favoriva monete in concorrenza e la fine del monopolio delle banche centrali. E come può poi dirsi liberista chi ha aumentato le tasse, come hanno fatto i governi europei, così da adeguarsi ai numeretti di Maastricht tagliando il meno possibile le spese statali?
A rileggerli davvero i liberisti, ci spiegheremmo certo in altro modo lo svolgersi. degli eventi. Usando paroloni, come sfide e globalizzazione, si è solo creata una confusione di cui ovunque si sono giovati i politici per avere la botte piena e la moglie ubriaca. E i guai presenti sono tutti in fondo esiti di questo loro fingersi bravi, dicendosi liberisti senza esserlo. Il liberismo vero sarebbe stato troppo per loro. Non implicava i criteri di Maastricht o di tassare il lavoro invece dei capitali o di imbalsamare le banche come in Giappone. Una miglior vita di tutti avrebbe richiesto qualcosa di ancora più sgradevole per politici e prepotenti: terminare la nostra condizione di sudditi dello stato e delle sue appendici. Il liberismo di Bruno Leoni era questo: terminare le prepotenze del diritto pubblico su quello privato, dunque l'eccesso di leggi e soggetti sussidiati che ne deriva. Ma in Italia sarebbe slata una rivoluzione e per non farla, lasciare allo Stato di espropriare con le tasse la metà del reddito, appunto si è fatto tutt'altro.
E si continua a fare. Il liberismo implicherebbe, per esempio, un ritorno alle mutue in cui si può pretendere solo quanto si è versato, non di più. Semmai lascerebbe alla scelta solidale interna ai soci di redistribuire il reddito versato, e dunque non imporrebbe allo Stato di pagare con le tasse di tutti i privilegi di alcuni. Invece, come nell'impero Ottomano, in Italia sono lo Stato, e i visir dei sindacati, non i bilanci, a decidere chi e come andrà in pensione. Il tutto mentre prosegue ogni giorno il giochino di fingere pianificabile il Pil futuro: crescerà dello zero virgola e tanto, ci spiegano saccenti... Residuo vizio da pianificazione sovietica, |e statistiche decidono quanto i sudditi sono beati. Ipnotico ossequio ai nume-retti imposti da altri numeretti, decisi in una cittadina olandese; e poco importa che ora siano chiamati stupidi pure da chi li ha, più di tutto, voluti.
di Geminello Alvi