di Vittorio Pezzuto
Benedetto Della Vedova, parlamentare europeo della Lista Bonino, accoglie l'invito de L'opinione a riflettere sui tempi e i modi di un'eventuale riunificazione della diaspora laica in occasione delle prossime elezioni europee. "Si tratta di un dibattito utile ma già il termine ?diaspora' - lo affermo senza alcuno snobismo - dà l'idea di un'operazione passatista che non per niente spesso si accompagna a una più o meno esplicita richiesta di ritorno al sistema elettorale proporzionale. Il problema che si devono porre innanzitutto i radicali e poi tutti gli altri laici è invece un altro: convertire una potenzialità di consensi (che sono convintissimo esista) a favore di una politica - per dirla alla radicale - liberale-liberista-libertartia in un progetto che abbia un appeal non unicamente di tipo identitario. Esso deve avere delle autentiche chance di governo o comunque sapersi inserire nel gioco pesante della politica. La vera sfida da lanciare è quindi non tanto quella di riconsegnare un vessillo laico a dei nostalgici ma costruire una prospettiva nuova che punti ad attrarre altri, guardando al futuro e non al passato. Si deve riuscire ad aggregare sulla base non tanto di un'identità comune ma di alcuni punti politici caratterizzanti, non accontentandosi di dare una qualche rappresentanza alla politica laico-liberale e riuscendo piuttosto a inserire questa negli attuali meccanismi politici, magari per incepparli. E' di tutta evidenza, infatti, che questi ultimi sono oggi ben oliati e non prevedono in alcun modo tematiche, iniziative e scelte modernamente laiche, liberali e liberiste.
Nell'intervista che ci ha rilasciato alcuni giorni fa, Daniele Capezzone sottolineava la disponibilità dei Radicali a spendersi per un progetto politico preciso, indipendentemente dalla legge elettorale delle prossime europee.
Io credo invece che la nostra ambizione debba essere innanzitutto elettorale. Per i Radicali il passaggio delle europee ha una sua innegabile importanza e deve essere visto come una tappa intermedia di un percorso che avrà come punto ultimo di caduta le politiche del 2006. Il rischio pertanto è tutto elettorale: un rassemblement che non abbia un'ambizione ragionevole di questo tipo rischia infatti di essere un tentativo un po' nostalgico. La mia convinzione personale - e spero di scoprire l'acqua calda - è che oggi al centro di un'operazione del genere vi possa essere solo Emma Bonino, proprio per la sua capacità di suscitare e di raccogliere concretamente il consenso degli elettori. E, pur con tutte le considerazioni critiche che ho più volte espresso, continuo a pensare che le sue basi più solide debbano restare l'elaborazione e l'iniziativa radicale e pannelliana. Dico questo non in termini di supremazia (non pretendo che tutti debbano confluire nei radicali) ma perché resto convinto che i costi pagati restando ?fuori' da entrambe le coalizioni abbiano fatto sì che la nostra presenza politica - mantenendo una sua fisionomia autonoma - restasse e resti importantissima in termini di analisi, temi e riconoscibilità. Insomma, la scelta radicale deve essere quella di assumersi l'onere e il rischio di promuovere un'operazione che metta questo patrimonio completamente in gioco, puntando senza risparmio al massimo risultato.
All'ultimo Comitato nazionale del partito in diversi hanno però sostenuto la necessità della presentazione di liste antiproibizioniste.
Se ne è parlato, è vero. E sul piano del metodo concordo anch'io che la chiave antiproibizionista e quindi libertaria (non solo sulle droghe ma in generale) debba restare un connotato e per certi versi anche un discrimine. Credo però che la possibilità di conseguire un ampio successo elettorale passi attraverso la proposizione di un'iniziativa liberale più ampia, a tutto tondo: esaltando al massimo i temi delle libertà economiche, dall'antiprotezionismo liberale, del nuovo welfare, dell'immigrazione, della lotta contro le sclerosi corporative degli ordini professionali. Così come sostengo da un anno e mezzo, in ogni sede, che la questione previdenziale sia addirittura epocale e caratterizzi i riformatori liberali dai conservatori neocorporitativi, di sinistra come di destra.