Show radicale a Pisa. Corleone: Castelli decida su Bompressi
MANUELA CARTOSIO
MILANO
«Entro il 31 agosto sul caso Sofri dovrà essere fatta chiarezza», va ripetendo da giorni Marco Pannella. Un primo risultato l'ha ottenuto. Punto dalle frecce scoccate dal leader radicale, il Quirinale è stato costretto ad ammettere che la grazia d'ufficio può essere concessa anche se il ministro della giustizia non la propone. Risolto quel (falso) problema, il Colle ne ha però accampato un altro: la controfirma che il ministro della giustizia dovrebbe apporre al decreto di grazia. E sulla controfirma si è puntualmente scatenato un bailamme giuridico-politico che fa a pugni con la chiarezza. Tante teste, tante idee. La controfirma di Castelli non è necessaria, sostiene qualcuno. Ci vuole, ma il ministro non può rifiutarsi di metterla, afferma qualcun altro. Può rifiutarsi, sostiene una terza scuola di pensiero, e allora Berlusconi risolva il problema firmando «al posto di» Castelli. Giammai, obiettano altri, sarebbe un precedente pericolosissimo. Rifilata la quotidiana razione d'invettive a Gifuni (il segretario generale del Quirinale che, secondo Pannella, mal consiglierebbe Ciampi), il leader radicale si è poi scagliato contro un editoriale della Stampa di ieri che caldeggiava la «soluzione Berlusconi».
Il consiglio dei ministri, scrive Massimo Luciani, assuma collegialmente la decisione «politica» di concedere la grazia a Sofri e il premier la controfirmi. «Siamo passati dal grottesco al ripugnante», tuona Pannella, «per consentire al presidente della repubblica d'esercitare il potere di grazia bisogna riunire il consiglio dei ministri e, perché no, l'assemblea dell'Onu».
Secondo l'ex sottosegretario alla giustizia Franco Corleone, c'è una strada limpida per uscire dal ginepraio giuridico (e dallo scaricabarile tra il riottoso Castelli e il pavido Ciampi): mettere in primo piano la domanda di grazia di Bompressi. «Chi oggi vuol fare qualcosa di serio e produttivo per la grazia a Sofri deve inchiodare Castelli alle sue responsabilità, deve chiedergli conto del perché non trasmette al Quirinale la domanda di grazia per Bompressi». L'istruttoria è chiusa da oltre un anno e Castelli è obbligato a trasmettere il fascicolo al Colle. Perché non lo fa? «Il primo che dovrebbe chiedergli conto di questa vera e propria omissione di atti d'ufficio è il Quirinale». La concessione della grazia a Bompressi renderebbe ancor più stridente il protrarsi della detenzione per Sofri. Forse, ipotizza Corleone, è proprio per questo che il fascicolo Bompressi resta in un cassetto in via Arenula.
E' d'accordo l'avvocato Sandro Gamberini, difensore di Sofri. Bompressi la grazia l'ha chiesta, non c'è spazio per costruirci sopra contenziosi interpretativi. C'è solo da procedere. «Castelli tiene sotto sequestro la grazia a Bompressi», afferma l'avvocato Giuliano Pisapia (Prc). Liberissimo il ministro di dare un parere negativo, ma deve trasmettere l'istanza al Quirinale. Quanto alla grazia d'ufficio per Sofri, Pisapia è tra quelli che ritengono non necessaria - o obbligata, il che cambia poco - la controfirma del ministro della giustizia. La grazia d'ufficio, ancor più di quella su richiesta, è un atto del capo della stato e il suo potere non può essere vincolato da un ministro. Sulla grazia a Sofri, dichiara il senatore della Margherita Nando Dalla Chiesa, «è stato lasciato al ministro della giustizia un potere d'interdizione troppo forte». Ieri Pannella ha incontrato Adriano Sofri nel carcere di Pisa. L'ha trovato «normalmente bene, sereno, anche se appassionatamente teso a capire quello che succede».