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Al referendum voteremo no perché non basta dire no

Testo: 

Consigliamo ai nostri lettori di votare no all'estensione dell'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori nelle piccole imprese. Lo abbiamo detto all'inizio della campagna referendaria e non abbiamo cambiato idea. Un referendum richiede per sua natura di schierarsi, anche se è «sbagliato e inutile» come tutti dicono di questo; dei tatticismi sono lastricate le strade che portano all'inferno.
Sappiamo anche noi, però, come andranno le cose. Su (non) spinta dei partiti - praticamente tutti con l'eccezione di Rifondazione - domani andrà a votare solo una minoranza di italiani. Minoranza in grande maggioranza composta da coloro che intendono sostenere più per motivi politici che di merito, più per senso di appartenenza che per convinzione, un'assurdità intrisa di demagogia, dal punto di vista economico e sociale: applicare automaticamente, in caso di licenziamento senza giusta causa, la reintegrazione nel posto di lavoro anche alle aziende sotto la soglia dei 16 dipendenti. La vittoria del sì avrebbe infatti effetti dirompenti sul tessuto delle piccole e piccolissime imprese.
Finanche il titolare di un microesercizio con due o tre dipendenti potrebbe essere obbligato a riprendersi in azienda (anziché indennizzarlo) un lavoratore con cui la convivenza è diventata impossibile nei pochi metri quadri a disposizione.
Ma a noi non basta che il referendum fallisca e che la questione resti sepolta - dopo tanto clamore - nell'oblio delle astensioni. Per questo invitiamo a votare no. Perché il no serve anche a ritrovare in parlamento il filo di una spinta riformista sul welfare e sul mercato del lavoro, che vada oltre gli aggiustamenti del recente decretone del governo. Il fallimento del referendum non deve essere il pretesto per dimenticare la necessità e l'urgenza di rivisitare un sistema di ammortizzatori sociali eredità di un fordismo che non c'è più ma che continua a produrre i suoi danni, incapace com'è di tutelare i lavoratori nel mercato anziché nel posto di lavoro.
Il dramma di chi perde il lavoro in Italia diventa tragedia proprio perché le protezioni sono inadeguate e non universali, perché la formazione resta la nostra cenerentola, perché un lavoratore esiste fino a quando sta all'interno di un'azienda. Un lavoratore va tutelato prima di essere licenziato e va aiutato quando perde il lavoro anche se la sorte lo ha messo in un'azienda piccola. Voteremo no; ma, come sempre, non basta dire no.

Data: 
Sabato, 14 June, 2003
Autore: 
Fonte: 
IL RIFORMISTA
Stampa e regime: 
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