Nel dibattito sulla legge elettorale, caratterizzato da querelle pressoché quotidiane tra i due schieramenti, spunta anche un «regolamento di conti» interno a Fi.
Il pordenonese replica ironico alle paventate censure: «Non temo i trattori di Ovaro né quelli di Martignacco»
Gottardo (Cpr): «Sinistra divisa sul referendum». Zvech (Ds): «La solita politica vecchio stile che non propone idee ma punta a separare gli avversari»
TRIESTE «Ma come, all'inizio della polemica sulla legge elettorale, quando avevo iniziato a manifestare sui giornali il mio dissenso sulla stesura finale, mi aveva detto di condividerlo personalmente e adesso usa un tono guerriero e minaccia sanzioni?». Michelangelo Agrusti, leader di Forza Italia a Pordenone, rimette metaforicamente la colomba pasquale nella gabbietta. Di sicuro non la fa partire in direzione di Tolmezzo, visto che il «guerriero» al quale fa riferimento è proprio Renzo Tondo, presidente della giunta regionale. Reo di aver sparato a zero sulla posizione di Agrusti, ipotizzando eventuali interventi disciplinari interni a suo carico.
Per l'ex parlamentare pordenonese praticamente un invito a nozze. «In primo luogo, nessuno intende abdicare alle proprie idee, soprattutto se risultano coerenti con quelle fondanti di Forza Italia, movimento presidenzialista da sempre, che ha varato leggi in tal senso in tutte le parti del Paese. In seconda istanza, quello usato mi sembra un tono inadatto a un presidente, che dovrebbe tenere insieme, invece che dividere, e guadagnare il consenso sul campo e non con le minacce...».
Arriva anche la frecciata e, al solito, è nella coda. «Tondo - sottolinea - è il presidente pro tempore del Friuli Venezia Giulia e un semplice iscritto di Forza Italia di Tolmezzo... Non è a lui, dunque, che spettano valutazioni sulla mia compatibilità o meno alle linee del partito, semmai agli organismi regionali e nazionali. Per quanto mi riguarda - ironizza infine il leader forzista pordenonese - posso resistere all'assedio nel mio bunker, come Arafat, sicuro che non saranno i trattori di Ovaro o di Martignacco a stanarmi...». Con tanti saluti, dunque, anche al martignacchese «doc» Ferruccio Saro, per chi non l'avesse capito.
Che la legge elettorale sia il testo della discordia e abbia innescato più di qualche «approfondimento» interno ai partiti è cosa scontata. Il dato reale, però, parla di una campagna elettorale incominciata con un anno d'anticipo. E già esacerbata. «Mi sembra che il centrodestra abbia una certa fretta - annota il diessino Bruno Zvech - polemizza già, addirittura, con dei candidati che non sono stati ancora indicati, visto che di certe cose si parlerà al momento oportuno...». Il riferimento è chiaro, va a Riccardo Illy, convitato di pietra in ogni discussione sulle «regionali» 2003 e presidente in pectore per il Centrosinistra, semprechè il previsto referendum abroghi il testo varato dalla giunta Tondo. «L'elemento più clamoroso, impensabile - s'infervora Isidoro Gottardo del Cpr - mi sembra proprio quello: Illy che accetta di candidarsi solo a condizione che sia in vigore un sistema elettorale invece di un altro! L'impressione è quella di una persona che vede nella Regione un'azienda e non il luogo dove si stabiliscono le regole. Per questo, diciamolo - meglio di tutto gli andrebbe il "Tatarellum", perché esalta il ruolo del presidente, ma anche, senza sbarramento, la frammentazione dei movimenti, che è il vero degrado della partitocrazia. E comunque - incalza Gottardo - mi sembra che qualcuno non abbia tenuto conto, nel centrosinistra, dei dissidi non espressi. Gli stessi Ds mi sembrano spaccati, per non dire dei Popolari che al congresso volevano il "proporzionale" alla tedesca... E poi nessun ex democristiano accetterà mai di delegare troppo potere a una sola persona, è una cosa che abbiamo nel sangue...».
La replica di Zvech non tarda. Ed è secca come un bitter. «Ma quali spaccature! Siamo alla solita politica vecchio stile, dove invece di difendere le proprie idee si cercano le separazioni in campo opposto. La verità, a destra come a sinistra, è che i cittadini della regione hanno tutto il diritto di scegliersi presidente, maggioranza e programma. E buttare alle ortiche una legge pasticciata».
Furio Baldassi